Paul Auster – La città di vetro

No 14 White and Greens in Blue

 

DAL TESTO

Mentre girava per la stazione ripensò all’uomo che doveva impersonare. Aveva cominciato a rendersi conto che l’effetto di essere Paul Auster non era del tutto spiacevole. Pur mantenendo lo stesso corpo, la stessa mente, gli stessi pensieri, provava la sensazione di essere stato rapito a se stesso, come se non fosse più obbligato a portare il peso della propria coscienza. Grazie a un semplice trucco intellettuale, a un elementare contorsionismo onomastico, si sentiva comparabilmente più leggero e più libero. Nel contempo sapeva che era tutta un’illusione. Ma questo era anche rassicurante.

 

DUE PAROLE 

Può essere, può essere che “la città di vetro” sia una rivisitazione del Don Chisciotte e che il Paul Auster scrittore (sia quello reale, sia quello comparso nel romanzo), si voglia perdere nella sua mistificazione. La chiave di lettura risulterebbe evidente, non so per le iniziali del protagonista D.Q. ma anche per la manciata di pagine che l’autore spende verso il lettore:

“A mio parere, Don Chisciotte stava compiendo un esperimento. Voleva saggiare la dabbenaggine dei suoi simili. Sarà mai possibile, si chiedeva, pararsi di fronte al mondo e snocciolare menzogne e assurdità come se niente fosse? Dichiarare che i mulini a vento sono cavalieri, che un bacile di barbiere è un elmo, che le marionette sono persone in carne e ossa? Sarà mai possibile persuadere gli altri da darti ragione anche quando non ti credono? In altre parole, fino a che punto la gente avrebbe tollerato lo sproposito se le sproposito la divertiva? La risposta è ovvia, no? All’infinito. Tant’è che il libro lo leggiamo ancora oggi. Con sommo divertimento, per di più. E alla fine è proprio questo che tutti chiediamo a un libro… che di diverta.”

Non penso che la volontà di Auster fosse solo quella di intrattenere. C’è, come per ogni buon libro, molto di più. L’intrattenimento, insomma, non è la causa ma il pretesto per descrivere il nuovo anti eroe moderno, il quale, invece di trionfare nella sua pazzia come il cavaliere della mancha, soccombe tragicamente. Un’agonia più sofferta, in quanto la pazzia è percepita e mai risolta. In una New York dai contorni Kafkiani, nessuno, in questa prima parte di trilogia, sa perché è chiamato a fare quello che fa. La spersonalizzazione, la falsità e la dissolutezza moderna regnano sovrane. Le identità sono riciclate e abbandonate. Un giallo atipico, ambiento nell’ombelico del mondo: una città di vetro che filtra e riflette le immagini dell’odierna follia.

 

INFO UTILI

130 pag, 3 ore di lettura circa.

ORIGINI

Mark Rothko – No 14 White and Greens in Blue

Paul Auster – Città di vetro – Trilogia di New York – Edizione SuperET (isbn: 9788806220716)