Giorgio Manganelli – Hilarotragoedia

Hieronymus_Bosch_008

Chiosa sulla donna infedele:
Che essa reciti o incarni una certa funzione del divino, pare ovvio, ed ora se ne darà dimostrazione. A indiarla basterà che tu la ami; con quella ammusante devozione che si dedica solo alle cose che sappiamo periture e frodolente. Ti si libra addosso la irridente, nuda in infernica levitazione; adorane il fiore della fregna. Compila liturgie, fa processioni e tridui della folla devota delle tue membra: muscoli, inguine, prepuzio, incolonnati in questua sessuale, con sventolare di pii testicoli, sotto a baldacchini di scroto, dietro di ciborio di vulva.
Divinità ingannevole; unica possibile. Capricciosa, leale, incostante, a sé ignara; per cui necessitano propinazioni di sangue e sperma, esercizi di insonnia e sperma, monotonia di lamentazioni e sperma. Occorre la sevizia a fare un dio. Dio coabita col caprone bisulco; odorane la barba scarmigliata e senile – è chiaro?
Si introna nella femmina la slealtà essenziale. Dunque, la libertà del divino. Accoglie assensi, li approva e travisa. Costei, che con gesto di natiche sente, e te ne fa persuaso con adesione del corpo incolloso, con pesante intervento di saliva, con diteggiare lascivo e casuale; tu irretito ti celebri sua hostia; e quella allora principia a fartisi infedele, ruotando le sue cosce ad altra preda, ad altre decime e regalie.
E dunque, nella notte perfetta della tua anima, nel traccheballacche del tuo cervello sonoro e secco, che sentenzi e conludi, cornuto?

 

DUE PAROLE

Ogni volta che mi pongo di fronte a qualcosa che non capisco pienamente mi chiedo se sia io il problema. Sono abbastanza stupido per capire? C’è qualcosa, di matrice culturale, non in mio possesso, che mi impedisce di capire il significato ampio del testo che sto leggendo? Con Manganelli l’impressione, personalissima, è stata quella, forse superficiale, di trovarmi di fronte ad un mero esercizio di stile (per altro esasperato dall’eredità lasciataci da Carlo Emilio Gadda). L’Hilaotragoedia è un breviario (sì, sono ironico, come del resto lo è il libro) della vita a tutto tondo. Un dizionario onirico e forse immaturo (non a caso questa fu la prima opera pubblicata dall’autore) sul tutto e sul nulla. Sulla vita, si dica. E quindi? Partendo dalla definizione di discesa, dal concepimento primigenio, dallo stesso inferno in cui siamo nati e camminiamo, si arriva alla morte, osservando il resto, un po’ vano un po’ arbitrario, un po’ comico interesse, per l’artificio dell’autore stesso che, volutamente, più di spiegare confonde, e va bene, anche, ma forse troppo appare.

 

INFO UTILI

143 pagine, 2 ore e mezza di lettura circa