Arthur Kostler – Buio a mezzogiorno

“Il partito non può mai sbagliare” disse allora Rubasciov. “Tu ed io possiamo commettere degli errori, ma non il Partito. Il Partito, compagno, è più di te, di me e di mille altri come te e come me. Il Partito è l’incarnazione dell’idea rivoluzionaria nella Storia. La Storia non conosce né scrupoli né esitazioni. Scorre, inerte e infallibile, verso la sua meta. Ad ogni curva lascia il fango che porta con sé e cadaveri degli affogati. La Storia sa dove va. Non commette errori. Colui che non ha una fede assoluta nella Storia non è nelle file del Partito.”

 

DUE PAROLE

Senza saperne il motivo, l’alto membro del Partito, nonché commissario del popolo N.S. Rubasciov, viene arrestato e costretto in prigione da altri funzionari del Partito stesso, in attesa di essere processato. Contrariamente a quello che si è portati a pensare da un incipit così kafkiano, però, lo sviluppo del romanzo prende tutt’altra deriva dall’angosciosa incomprensione della burocrazia de “il processo” e si staglia come un lucido cammino di rivelazione (personale e collettiva!) del condannato. Nei meandri dell’ascetismo e nelle vette altissime di autoanalisi del cerebrale dirigente, si scava alle radici del sistema comunista, del senso di collettività e del sogno sovietico. Riporto, per bellezza di stile, e per senso del dovere, le parole che Kostner usa per iniziare il processo di scissione del protagonista da suo senso di unità:

“Rubasciov aveva sempre creduto di conoscersi abbastanza bene. Essendo senza pregiudizi morali, non si faceva illusioni sul fenomeno detto “prima persona singolare” ed era convinto, senza particolare emozione, che questo fenomeno fosse caratterizzato da certi impulsi che la gente è in generale riluttante ad ammettere. Ora, mentre se ne stava con la fronte schiacciata contro la finestra o si fermava bruscamente sulla terza piastrella nera, aveva fatto delle scoperte inaspettate. Aveva notato che quei processi, noti erroneamente come monologhi, sono in realtà dei dialoghi di specie particolare; dialoghi in cui una delle parti resta silenziosa, mentre l’altra, contro ogni regola grammaticale, si rivolge alla prima dandole dell’Io anziché del Tu, allo scopo di conquistarsi la sua fiducia e scandagliare le sue intenzioni; ma la parte silenziosa resta in silenzio, si schermisce da ogni sguardo indiscreto e rifiuta perfino di essere localizzata nel tempo e nello spazio.
Ora, tuttavia, sembrava a Rubasciov che la parte solitamente silenziosa parlasse di tanto in tanto, senza esserne sollecitata e senza alcun visibile pretesto; la sua voce suonava del tutto ignota a Rubasciov, che ascoltava sinceramente stupito e s’accorgeva che le sue labbra si muovevano. Quelle esperienze non avevano nulla di mistico o di misterioso; erano di un carattere di grande concretezza; e con le sue osservazioni Rubasciov finì col convincersi che c’era un componente del tutto tangibile in quella prima persona singolare, il quale, rimasto silenzioso in tutti quegli anni, ora aveva cominciato a parlare.”

L’inizio della scissione avviene però in cella, ovvero quando il Partito ha già espresso la sua sfiducia nei suoi confronti. Non vi è vendetta nel pensiero di Rubasciov, non c’è nessuna similitudine alla tigre in gabbia che era Edmond Dantes, né al destinato-a-morte de “lo straniero” di Camus. Il pensiero unico si è scisso, ma rimane sempre ancorato al Partito e ruota attorno ad esso. Il grande De Andrè cantava “morire per delle idee” e questo libro ne è la rappresentazione più cristallina e raffinata. Ne riporto un altro estratto, per ricordare a me stesso la chiarezza della prosa di Kostner nello spiegare uno dei vari meccanismi dell’ideologia comunista:

“La somma di libertà individuale che un popolo può conquistare e conservare dipende dal grado della sua maturità politica. Il suddetto movimento pendolare sembra indicare che la maturazione politica delle masse non segue una curva costantemente elevantesi, come lo sviluppo di un individuo, ma è retta da leggi più complicate. La maturità delle masse posa sulla loro capacità di identificare i loro interessi. Questo, però, presuppone una certa comprensione del processo di produzione e di distribuzione dei beni. La capacità di un popolo a governarsi democraticamente è dunque proporzionata al grado della sua comprensione della struttura e del funzionamento di tutto l’organismo sociale. Ora, ogni progresso tecnico crea una nuova complicazione per l’organismo economico, determina la comparsa di nuovi elementi e combinazioni, che le masse non possono comprendere per un certo tempo. Ogni balzo in avanti dei progressi tecnici si lascia sempre un passo indietro il relativo sviluppo intellettuale delle masse, determinando così la caduta del termometro della maturità politica. Ci vogliono a volte decine di anni, a volte intere generazioni perché il livello di comprensione di un popolo si adatti gradualmente al mutato stato di cose, fino a recuperare la stessa capacità d’autogoverno, quale aveva già posseduta in un più basso livello di civiltà. Onde la maturità politica delle masse non può essere misurata da una cifra assoluta, ma solo in un modo relativo, in rapporto cioè allo stadio di civiltà del momento.”

Siamo nei tecnicismi, è ovvio. Eppure il libro è capace di aggiungere tantissima materia narrativa e, per tanto, ha tutto il diritto di non essere considerato un trattato, ma un vero e proprio romanzo. I riferimenti ai classicismi non mancano, del resto. L’interrogativo macroscopico è la legittimità di azione del Partito (e della sua ideologia), continuamente paragonata a ed accostata al brutale omicidio del Raskolnikov di Dostoevski. E nemmeno manca il Cristo, nella sua parabola di salvezza. Rubasciov perirà infatti senza nessuna ricompensa. Sceglierà, di sua sponte, di espiare le grettezze del Partito dal mondo, proprio per salvarlo. Per fare questo sarà capace di passare sopra ai Gletkin (la nuova dirigenza che si fa largo nelle fila grazie alla sua brutalità), i famosi barbari che arrivano dal futuro, così come alla semplice ignoranza dei contadini che per anni ha contribuito a perseguire, o ai veri sovversivi che egli stesso, in prima persona, contribuì a purgare. Capitolerà, insomma, per tutto ciò in cui ha creduto. Fino all’ultimo minuto, fino alla pallottola nell’orecchio (che meraviglioso finale) che priverà la verità del Partito da una piccola anomalia, da una macchia spazzata via con un semplice colpo di spugna.

 

INFO UTILI

5 ore di lettura circa