Day 11 – Bucovina

11

Oh, meraviglioso viaggiare! Ci scrolliamo di dosso ruggine e malumori della città, e come Livingstone il gabbiano facciamo della velocità e dell’altitudine la nostra ebrezza. Risalendo i Carpazi moldavi ci perdiamo dietro un indice irrequieto che titilla la cartina in cerca di strade percorribili. Ad ogni richiesta di indicazioni le nostre scarsissime nozioni di rumeno vacillano, i dialetti si mescolano. Siamo molto vicini al confine ucraino e giungiamo a sfiorarlo nel primo pomeriggio. Partendo da Suceava, percorriamo in senso antiorario un anello di monasteri cinquecenteschi. Sono, nel complesso, il più prezioso patrimonio storico di questa regione, forse anche dell’intera Romania. Gemme colorate che riposano incastonate nel terreno e splendono ognuna di un colore identificativo. La prima tappa è a Humorului, che brilla di rossi e marroni. La conformazione esterna compatta e rettangolare, tornita nella parte frontale in un semicilindro contenente la torre protetta da un tetto spiovente, tondo e ligneo come la tesa dei copricapi vietnamiti. La ritmica divina interna, trina, con camera e anticamera della sala centrale, ricavata sotto la torre e raffigurante il volto di Cristo al sommo del tondo soffitto. Scopriremo le estreme somiglianze di tutti questi monasteri soltanto a percorso avviato. Fatta salva la parete nord di tutti gli edifici, slavata dall’orientamento a nord, ogni facciata è riempita di affreschi a toni assai forti. Vale ugualmente per gli interni, dove i colori sono ancora più accesi e il senso di quantità ancora più claustrofobico. Sono rappresentati atti del vecchio e nuovo testamento in una pienezza tale da farmi pensare a due cose. Il corpo completamente tatuato di José Arcadio in cent’anni di solitudine, e il desiderio di pienezza spirituale che avranno probabilmente avuto i costruttori. Una tale esorcizzazione del vuoto non può esser che paura della propria spiritualità. La seconda stazione è Voroneț, dal blu talmente caratteristico da aver dato nome ad un tipo di colore (come non pensare a Yves Klein!). Seguono poi Moldovița il giallo, Sucevița il verde (più imponente e difeso) e Putna il bianco, dove pensiamo per un attimo di albergare cambiando repentinamente idea. Decidiamo infatti di continuare la discesa per accorciare il lungo tragitto di domani. Il cielo non ha nuvole oggi e non c’è modo più educato, nel mio ricordo, di sposarsi alla pienezza di quelle mura.