Fëdor Dostoevskij – Le notti bianche

«Ascoltate, volete sapere che genere d’uomo io sia?» «Sì, sì, certo!» «Nel senso stretto del termine?» «Nel senso più stretto del termine!» «Allora prego: io sono un tipo.» «Un tipo, un tipo! Ma quale tipo?» gridò la fanciulla scoppiando a ridere fragorosamente come se fosse stato un anno intero che non ci riusciva. «Sì, con voi ci si diverte davvero! Guardate: ecco una panchina; sediamoci! Di qua non passa nessuno, nessuno ci sentirà. Cominciate, dunque, la vostra storia! Infatti non riuscirete a convincermi: voi avete una storia, ma sembra che vi nascondiate. Innanzitutto spiegatemi che cos’è un tipo.» «Un tipo? Un tipo è un originale, è una persona ridicola!» risposi scoppiando anch’io a ridere contagiato dalla sua fanciullesca risata. «È un carattere. Ascoltate: sapete che cos’è un sognatore?» «Un sognatore? Scusate, ma come si fa a non saperlo? Anch’io sono una sognatrice! Cosa non mi passa per la testa, a volte, mentre me ne sto seduta accanto alla nonna! Così comincio a sognare in modo tale, mi lascio trasportare tanto dalle mie fantasie… sogno addirittura di andare sposa di un principe cinese… Qualche volta è anche bello sognare! No, del resto, Dio solo lo sa! Specialmente se si ha qualcosa a cui pensare anche senza di questo», soggiunse la fanciulla questa volta con tono abbastanza serio. «Ottimamente! Se dunque una volta siete andata sposa a un principe cinese ciò significa che mi comprenderete perfettamente. Dunque, ascoltate… Ma scusatemi: non so ancora come vi chiamate.»

 

DUE PAROLE

Le notti bianche, insonni, di un ingenuo sognatore. A daydreamer -sebbene notturno- direbbero gli inglesi. Un uomo accecato dal romanticismo, illuso nel candore della notte. Un fuoco che brucia ardentemente per tre albe, per poi spegnersi nel gelo più assoluto della solitudine. Il protagonista, passeggiatore notturno, si innamora della giovane diciassettenne Nasten’ka. Salvandola da un becero scocciatore, trova occasione per presentarsi e farsi accettare. I due finiranno per innamorarsi, raccontandosi le loro vite, nonostante la fanciulla abbia già promesso il suo cuore ad un inquilino della sua vecchia nonna con cui vive.
Un romanzo certamente ancora acerbo. Troppo declinato al romanticismo cervellotico, ai melensi abbellimenti romantici, si nota come ancora la scrittura del grande Dostoevskij dovesse affinare le lame e prendersi gli spazi che noi tutti conosciamo. Un romanzo tutto sommato apprezzabile e denso di angoli dai quali curiosare l’umano operato. Si affrontano i temi dell’imprevedibilità del destino e della nostra (labilissima) coerenza. Si riflette sui sogni dell’uomo, sulle sue vane ambizioni, un breve intenso sogno notturno nella luce dei cieli estivi Pietroburghesi.