Giulio Salierno – Autobiografia di un picchiatore fascista

Come fascista, mi ero illuso di essere fuori dal sistema, mentre c’ero dentro fino al collo. Io e gli altri attivisti, compiendo attentai e aggredendo i rossi, eravamo persuasi di agire nell0interesse della nazione; invece difendevamo il profitto di pochi. Con la violenza, poi, coprivamo a livello personale le nostre angosce depressive e persecutorie, e realizzavamo un fenomeno ideale per attizzare non tanto la risposta della controparte, quanto la volontà di questa di testimoniare, malgrado le bome e le bastonate, la propria fede politica nella causa per cui aveva ricevuto l’offesa. La borghesia, infine, si serviva delle nostre azioni per razionalizzare i fenomeni da essa stessa generati. Gli alterni, improvvisi clamori attorno alla criminalità fascista generavano un allarme paranoico e aprivano la strada alla repressione. Ciò a cui l’assetto di potere mirava non era colpire e punire il fascismo, ma una certa immagine del fascismo. Era il metodo attraverso cui partiti come la DC evitavano d’intervenire sulle radici effettive dell’autoritarismo: capitalismo, divisione in classi, istituzioni. Trasformando gli “attentatori fascisti” in esseri diversi, in “distrazioni sociali”, i mass-media della borghesia puntavano a proiettare sui “folli” il male generato dal sistema capitalistico stesso. “L’attentatore”, alienato e reificato, diventava uno degli elementi di transfert necessari a chi gestiva il dominio per far dimenticare, rimuovere, ignorare lo sfruttamento, il privilegio, la morte generate dalla macchina economico-capitalistica.

DUE PAROLE

Lo stile asciutto, diretto e frastagliato. Il racconto della vita dell’autore prende ancora più senso nella sua espressione disordinata, come se il pugno onnipresente e distruttivo dell’azione missina avesse disintegrato il quadro temporale dell’insieme. Un fragile specchio spaccato e andato in frantumi dalla cieca violenza idealista che, per anni, ha guidato la vita e le pulsioni politiche di Salierno. Il libro ci riporta agli anni 50, alla nascita e allo sviluppo del neofascismo italiano. Da Almirante a Julius Evola. Il caldo ambiente romano e la fervente attività politica pre sessantottina, con il lento e implacabile avvento della democrazia cristiana a guida del nostro paese. Una vita proiettata nella frenesia dell’azione, interessatissima. La storia di un uomo che è stato capace di reinventarsi e reinseirsi in società. Prima portato e poi tradito dalle proprie idee ed ideali. Lanciato e convito nel premeditato omicidio vendicativo del senatore Audisio e finito poi travolto dalla sua inarrestabile e ingestibile aggressività al gesto di un omicidio inutile e crudele qualsiasi, da criminale piccolo borghese. Un uomo d’azione riabilitato dal valore salvifico dello studio. Nato missino e morto sociologo di fama nazionale.