John Steinbeck – Pian della Tortilla

“Vorreste comprare un aspirapolvere?” disse. “Quanto?” chiese Danny. “Per questo, quattordici dollari,” il signor Simon rispose. Non era un prezzo troppo alto per capire, senza sforzo, di qual somma Danny disponeva. E Danny voleva quell’apparecchio, perché era un grosso e lucente apparecchio. Nessuna donna a Pian della Tortilla ne possedeva uno. Sul momento egli non si ricordava che non c’era elettricità a Pian della Tortilla. E mise fuori i due dollari di suo possesso, aspettò che l’esplosione di furore e dolore passasse. Il colore del sacco, la lunghezza del filo elettrico, il valore in sé del metallo, ogni cosa fu invocata a protesta. E quando non restò più nulla da dire Danny se ne andò con l’aspirapolvere sotto il braccio. Spesso Dolce, come pasatiempo nel pomeriggio, si portava l’aspirapolvere al cancello e lo appoggiava a una sedia. Amici e amiche si fermavano a guardare, e allora lei spingeva avanti e indietro sul prato l’apparecchio per mostrare con quanta facilità lo manovrasse. E faceva a bocca chiusa un rumore imitativo di motore. “L’amico mio è ricco,” diceva. “Vedrete che presto mi farà mettere in casa l’elettricità e allora zip e zip!, zip e zip! in un momento la casa è pulita.” Le amiche cercavano di diminuire l’importanza del dono, dicendo: “Peccato che tu non possa usarlo, quest’apparecchio!” Oppure: “Per conto mio ho sempre pensato che una scopa, se usata a dovere, serva meglio allo scopo.” Ma l’invidia loro non aveva potere alcuno contro l’aspirapolvere. Per il semplice fatto di possederlo, Dolce salì al gradino più alto della scala sociale in Pian della Tortilla. Chi non ricordava il suo nome, l’indicava come “quella che ha la macchina per spazzare”. E spesso Dolce si lasciava vedere dietro la finestra a spingere l’apparecchio intorno, mentre un fracasso di motore le usciva alto dalla bocca. In effetti, dopo aver spazzato la casa con la scopa, essa mandava l’aspirapolvere avanti e indietro sull’appoggio della teoria che, naturalmente, se ci fosse stata l’elettricità, il macchinario avrebbe funzionato meglio e pulito meglio, ma non si poteva aver tutto a questo mondo. In molte case essa eccitava invidia. Divenne condiscendente, nei modi, piena di degnazione, e il mento portò alto come si addiceva a persona in possesso d’una macchina per spazzare. Sempre ricordava la macchina nella sua conversazione. “Ramon è passato stamattina, proprio mentre mandavo la macchina per spazzare…” “Louise Meater si è tagliata la mano stamattina, giusto tre ore dopo ch’io avevo mandato la mia macchina per spazzare…” Ma non trascurò Danny, nella sua elevazione. La sua voce gorgogliava commossa quando lui le era vicino. E si torceva, davanti a lui, come una chioma di pino al vento. Danny la frequentava ogni sera.

DUE PAROLE

Danny, Pilon, Pablo, Gesù Maria, il Pirata e Joe Portoghese il Grande. I protagonisti delle vicende tragicomiche di Pian Della Tortilla, dove questo gruppo di disgraziati fannulloni e avvinazzati si trascina per le strade e per le avventure con la pigrizia degli sfaccendati e l’astuzia di chi deve saper vivere alla giornata. Più catalogabile come raccolta di racconti, che come romanzo vero e proprio, questo testo mostra le immense doti narrative del grande Steinbeck. La narrazione ciondola fra lo stile asciutto ed elegante del narratore ad una comicità esilarante. Il grottesco è imbellettato e avvolto in una caleidoscopica confezione, come una carta di caramella. Leggete qui come l’autore dipinge la pigrizia degli amici: “Non si svegliavano in fretta e furia; non si agitavano, non si scombussolavano il sistema nervoso per via di bruschi movimenti. No, era con delicatezza che uscivano dal sonno; come, pressappoco, una bolla di sapone che esce dalla cannuccia. Ed erano ancora mezzo addormentati quando si trascinavano giù nella ravina. A grado a grado, poi, le volontà loro si riaggregavano. Essi accendevano il fuoco, preparavano un po’ di tè, lo bevevano nei barattoli di vetro dove avevano bevuto, la sera prima, il vino; infine si installavano, al sole, sui gradini del portico anteriore. E attorno alla testa avevano un fastidioso alone di mosche. La vita prendeva forma ai loro occhi, la forma dell’ieri e del domani. Come ognuno faceva tesoro del po’ di sonno che gli restava in corpo, la conversazione nasceva molto lentamente. Il cameratismo intellettuale non giungeva tra loro a pienezza che dopo mezzogiorno.”
Steinbeck non solo riesce a far esplodere la risata, ma fa addirittura emergere un aspetto quasi regale dai suoi protagonisti, a volte addirittura agiografico nella loro semplicità di spirito (si pensi al racconto dello sfortunato padre che voleva il figlio generale, o alla messa con i cani). L’ozio e l’astuzia sono infatti storicamente i vantaggi delle classi sociali più agli antipodi. Egli riporta gloria al popolo, Steinbeck glorifica la terra rossa e arida dalla quale spreme il sangue, l’essenza, delle sue scritture. Un libro comico e proletario, all’altezza di uno dei più grandi narratori del ventesimo secolo.