Jonathan Swift – Istruzioni alla servitù

Quando il padrone o la padrona chiamano un servo per nome, se quel servo non è a portata di voce, nessuno di voi risponda, altrimenti non ci saranno più limiti alla vostra oppressione. E i padroni stessi ammettono che, se un servitore viene quando è chiamato, basta.Quando hai fatto un danno, sii sempre spavaldo e insolente, e comportati come se fossi tu il danneggiato: questo toglierà immediatamente al tuo padrone o padrona la sua boria.
Se vedi il tuo padrone danneggiato da qualcuno dei servi tuoi colleghi, tienilo ben nascosto, per non farti la fama da spia. C’è però un’eccezione, nel caso di un favorito, che è giustamente odiato dal resto della servitù; la quale è perciò costretta a cautelarsi facendo ricadere ogni possibile colpa sul favorito.
La cuoca, il maggiordomo, lo stalliere, chi fa le compere al mercato, e ogni altro servitore interessato alle spese della casa, si comporti come se l’intero patrimonio del suo padrone fosse destinato alla particolare attività di quel servitore. Per esempio, se la cuoca stima che le rendite del suo padrone siano mille sterline all’anno, ne trarrà la logica conseguenza che mille sterline l’anno sono più che sufficienti per la carne, quindi non c’è bisogno che lei faccia economia. Lo stesso ragionamento farà il maggiordomo per la cantina, e così pure lo stalliere e il cocchiere. E in questo modo ogni capitolo di spesa sarà gonfiato al massimo in onore del padrone.

 

DUE PAROLE

Che Swift fosse un cinico dalla comicità spietata lo sapevo da tempo. Questo libretto dedicato alla servitù (in realtà a qualsiasi altra categoria subordinata) è però di una ferocia esilarante. Lo scrittore suggerisce per ogni lavoro padronale subdoli trucchi di malaffare e sopravvivenza. Incita i servitori all’egoismo, alla negligenza, all’approssimazione e al complottismo. Va nel dettaglio e parla con precisione. I capitoli sono infatti rivolti rispettivamente a maggiordomi, cuochi, valletti, cocchieri, stallieri, fattori, guardaportoni, donne del latte, cameriere, balie, guardarobiere e governati. È chiaro che l’immagine finale che ne scaturisce, oltre ad essere fortemente sarcastica, sia un gesto di rivolta e coscienza popolare. Swift si schiera prepotentemente dalla parte dei deboli, incitandoli alla rivolta silenziosa, ma non pacifica. Pubblicato postumo nel 1795 dopo la morte dell’autore, “Istruzioni alla servitù”, sebbene breve e scanzonato, rimane un manifesto ideologico e stoico di un intellettuale che ha fatto dello scherzo il suo ariete per dilaniare le basi del bel pensiero e del perbenismo borghese. Basti pensare che, ai tempi della stesura, il Regno Unito era ancora di decadi distante dal voto di abolizione della schiavitù.

 

INFORMAZIONI UTILI

Un centinaio di pagine, circa un’ora e mezza di lettura
Piccola biblioteca Adelphi, ISBN 9788845903526
In copertina un quadro di Paul Signac, “La sala da pranzo”