Jorge Luis Borges – Il libro di sabbia

Si discuteva il problema della conoscenza. Qualcuno invocò la tesi platonica secondo la quale abbiamo già visto tutto in un mondo anteriore, per cui conoscere è riconoscere; mio padre, credo, disse che Bacone aveva scritto che se apprendere è ricordare, ignorare è di fatto aver dimenticato. Un altro interlocutore, un gentiluomo di una certa età che forse era un po’ smarrito in mezzo a quella metafisica, si decise a prendere la parola. Disse con lenta sicurezza:«Non riesco a capire bene questo discorso degli archetipi platonici. Nessuno ricorda la prima volta che ha visto il giallo o il nero, o la prima volta che ha sentito il sapore di un frutto, forse perché era molto piccolo e non poteva sapere che stava inaugurando una serie lunghissima. Naturalmente, ci sono altre prime volte che nessuno dimentica. Io potrei raccontarvi quel che ricordo di una certa notte a cui ripenso spesso, la notte del 30 aprile 1874.

DUE PAROLE

Sogno, viaggio, verità, eternità, tempo, spazio, pensiero, biblioteca, infinito, sdoppiamento, isolamento, congiunzione. Siamo nel Borges classico, nella sua piena dimensione più naturale. “Per vedere una cosa bisogna comprenderla”. Si inizia da un incontro impossibile, dove l’autore trova se stesso in gioventù sedutosi accanto a lui, sulla stessa panchina di una via di cambridge. Si procede nel terreno fertile labirintico e bibliografico caratteristico di Borges. il libro di sabbia appartiene alla sfera più intima e mistica dell’autore, forse anche più ostica rispetto alle altre letture di lui incontrate.