La bella estate + Gerardo Dottori

Gerardo Dottori - Simpatia (1922)

DAL TESTO

Cominciò così la sua vera vita d’innamorata, perchè adesso che con Guido si erano visti nudi, tutto pareva diverso. Adesso sì che era come sposata e, anche da sola, bastava pensare ai suoi occhi, come l’avevano guardata, per non sentirsi più sola. “Vuol dire questo sposarsi”. Chi sa la mamma se aveva fatto come loro. Ma le pareva impossibile che degli altri nel mondo avessero avuto quel coraggio. Nessuna donna, nessuna ragazza, poteva aver visto un uomo nudo come lei vedeva Guido. Una cosa simile non può succedere due volte.
Ma Ginia non era una stupida, e sapeva che tutte quante si dice così. Anche Rosa, quella volta che voleva ammazzarsi. C’era soltanto di diverso che Rosa faceva l’amore nei prati e non sapeva com’era bello chiacchierare e trovarsi con Guido.
Eppure con Guido sarebbe stato bello anche nei prati. Ginia ci pensava sempre. Malediceva la neve e il gran freddo che non lasciavano far niente, e pensava, stordita dal piacere, alla prossima estate che sarebbero andati in collina, che avrebbero passeggiato di notte, che avrebbero aperto le vetrate. Guido le aveva detto: “Mi devi vedere in campagna. Solo allora dipingo. Nessuna ragazza è bella come una collina”.

 

ORIGINI

La bella estate – Cesare Pavese – 1949

Gerardo Dottori – Simpatia – 1922

 

DUE PAROLE

La bella estate è un romanzo che raccoglie tre storie, o miniromanzi. “La bella estate”, appunto, “Il diavolo in collina” e “Tra donne sole”. Il filo conduttore è la scoperta della vita, processo che avviene tramite le esperienze dei protagonisti, sapientemente alternati alla ribalta dal Pavese con differenti usi della voce narrante. L’ambientazione provinciale conferisce alla narrazione il potere di ritorno alle origini, come sempre gravitanti intorno ai paesaggi lui ben noti del Torinese. Le colline, la ruralità e la campagna di un Italia paesana e semplice, tornano a ricordare i temi cari allo scrittore e diventano teatro della maturazione dei suoi famelici personaggi. Giovani assetati di risposte. Tre piccoli romanzi di formazione dove quella bellezza estiva, compendiata con precisione nel titolo, vuole simboleggiare un’inespressa e inesprimente giovinezza. Per lo scrittore, la comprensione della vita non può avvenire che per esperienza ed empirismo. Ne utilizzerà dunque tutti i mezzi del caso, volgarità e vergogne comprese, senza paura di sporcarsi le mani. Lo stesso Pavese, nel testo, definisce l’estate come “putrida e puzzolente” afosa, piena, asfissiante… lontana da quel cauto, silenzioso ed elegante inverno che meglio simboleggia una placida senilità o una semplice consapevolezza del vivere. L’ingenuità permea ogni scena, il piacere della scoperta passa per l’ovvio, per quelle risapute verità che ogni generazione avrà il dovere di affrontare e che sempre avranno il potere di stupire – ne è un esempio lampante l’estratto prima riportato. È nel secondo racconto dove, personalmente, ritengo che Pavese dia il meglio. Mi si conceda infine l’accostamento al quadro di un pittore votato interamente al futurismo come Dottori, probabilmente molto lontano dalla visione del mondo di Pavese. Il quadro, meraviglioso, esprime perfettamente le emozioni riportate dalla lettura: movimento e scoperta del corpo, nonchè dell’immediato futuro, in una perfetta immersione con l’ambiente circostante.