Lev Tolstoj – Guerra e pace

La guerra non è una cosa gentile, ma la cosa più abominevole della vita; bisogna capirlo, e non giocare alla guerra. Bisogna accettare austeramente e seriamente questa terribile necessità. Tutto sta in questo: sbarazzarsi della menzogna; e che la guerra sia la guerra e non uno scherzo. Altrimenti la guerra è il passatempo preferito degli oziosi e degli sventati… La condizione del militare è la più onorata. Ma che cos’è la guerra, che cosa occorre per avere successo nelle cose militari, quali sono i costumi dell’ambiente militare? Lo scopo della guerra è l’omicidio, gli strumenti della guerra sono lo spionaggio, il tradimento e l’istigazione a tradire, la rovina degli abitanti, il saccheggio e il furto a loro scapito per approvvigionare l’esercito; l’inganno e la menzogna, definiti astuzie militari; i costumi della classe militare sono l’assenza di libertà, ovvero la disciplina, l’ozio, l’ignoranza, la crudeltà, la corruzione, l’ubriachezza. E, nonostante questo, è la classe superiore, rispettata da tutti. Tutti i re, tranne l’imperatore della Cina, portano l’uniforme militare e la maggiore ricompensa viene data a chi ha ucciso più gente… S’incontrano, come faranno domani, per uccidersi l’un l’altro, si massacrano, mutilano decine di migliaia di uomini, e poi celebrano funzioni di ringraziamento per il fatto d’aver ammazzato molte persone (il cui numero viene inoltre esagerato) e proclamano la vittoria, credendo che quanta più gente hanno ucciso, tanto maggiore sarà il merito. Come fa Dio di lassù a guardare e ad ascoltarli!» gridò con voce acuta e stridula. «Ah, anima mia, in questi ultimi tempi per me vivere è diventato penoso. Vedo che comincio a capire troppe cose. E all’uomo non conviene gustare i frutti dell’albero del bene e del male… Be’ ma non sarà più per molto tempo!» soggiunse.

 

DUE PAROLE

Che senso ha, per me, a 35 anni, Europeo, anno domini 2018, leggere l’opus magnum di Tosltoj? Egli velatamente suggerisce, “noi non possiamo ancora abituarci all’idea che, per l’umanità della nostra epoca, una storia di questo genere non abbia senso.” Guerra e pace, effettivamente, sembra un’opera troppo vasta per essere abbracciata. Eppure debbo parlarne più di altri libri. Ci proverò qui di seguito. Iniziamo parlando dell’interessante alone di timore e fiducia nell’uomo forte (il romanzo gira tutto intorno all’aurea di Napoleone) forse la caratteristica che, più di tutte, accomuna, in un certo senso, i secoli precedenti con il nostro, così denso di antipolitica e di sfiducia nelle cariche istituzionali. Leggendo, più volte, pensavo: è di questo che abbiamo bisogno? Dell’uomo forte? é l’essere umano costretto dalla sua stessa indole a dover seguire ed aver necessario bisogno di una guida carismatica? Di un orco? Serve un despota per liberarsi di un altro despota? Il salotto russo s’interroga anch’esso: “il quale [Napoleone, ndr] aveva avuto successo soltanto perché non c’erano più i Potëmkin e i Suvorov da contrapporgli”. Il romanzo evidenzia questa volontà di uomini forti nell’elitè europea e mondiale. Più precisamente, però, il romanzo evidenzia la piccolezza dei grandi uomini della storia, umanizzandoli, rendendoli pari ad altri ignoti che avrebbero potuto prendere il loro posto. Rimangono le gesta, le azioni, i fatti e le conseguenze, ma viene sgravato il peso della personalità sugli esiti e persino sulle resposabilità. Il mesasggio sembra chiaro: e’ la storia che guida, la resaponsabilità è condivisa, di tutti. Ma come controllarsi allora? E’ forse la nuce dell stessa antipolitica che alimenta i mostri moderni? Si potrebbe dare una risposta provando ad interpretare alcune parole di Tolstoj (e qui copio a piene mani da una critica trovata spulciando materiale online su questo romanzo) “ogni uomo vale un altro uomo, che in tutte le epoche e in tutte le coscienze sorgano sempre gli stessi problemi”. Parrebbe di sì, che il manifesto universale di “Guerra e pace” sia un pamplet eterno ed omnicomprensivo dell’etica e della complessità umana. Una specie di carta anatomica, dove la guerra viene vivisezionata e sbuzzata, a guisa di un complesso e attorcigliato intestino. La guerra è il corpo stesso dell’uomo (dal testo: “una sensazione di solitudine si fondevano con la sensazione del dolore. Erano loro, i soldati, feriti e non feriti: erano loro che lo schiacciavano, gli gravavano addosso, gli stiravano i tendini, gli bruciavano la carne nella mano spezzata e nella spalla. Chiuse gli occhi per liberarsi di loro”). E ogni uomo ne ha uno. Si legga anche il lucidissimo incipit del terzo libro “Era, appunto, necessario che i milioni di uomini nelle cui mani risiedeva realmente la forza (i soldati che sparavano, trasportavano gli approvvigionamenti e i cannoni) accettassero di eseguire la volontà di deboli individui, e vi fossero indotti da un infinito numero di cause eterogenee e diverse.”
La guerra, un incubo ad occhi aperti nel quale incarnare la propria anima collettiva. E se per questo significato posso dirmi pienamente appagato, annaspo nel significante, ovvero un’opera enciclopedica e talmente vasta da risultare ahimè inefficace (ai più) ai giorni nostri. Ma questa osservazione lascia il tempo che trova, è ovvio. Non ha molto senso soppesare un significante propugnato più di 150 anni fa. Direi anzi che non solo la verbosità del racconto fu una coperta con la quale ammantare la grandiosità dell’opera, ma che la forma periodica con la quale uscì conferisse un unisono pressoché perfetto per il tessuto del tempo. Zeitgeist.
Cercando di tracciare una linea comune in questo racconto interminabile, direi che il comune denominatore è la necessità dell’uomo di sviluppare idee (e relative guerre) al fine di portarne avanti le rispettive azioni, conspevoli delle varie conseguenze. Si parla di libero arbitrio e volontà. Viene, insomma, messa a confronto l’ignavia con l’intraprendenza. Gli eroi (in un teatro non poi dissimile dalla tragedia greca) si mischiano ai mortali (che Tolstoj, a mio avviso, indica come i non fedeli, intesi quest’ultimi come uomini privi di visione futura). Lo sconto è fatale. Fra coloro che vedono e lottano per un futuro e coloro che galleggiano nell’ozioso presente. Si legga per esempio l’introduzione della parte IV:
“Secondo la tradizione biblica l’assenza di lavoro – l’ozio – era condizione di beatitudine per il primo uomo avanti la sua caduta. L’amore per l’ozio ha continuato a sussistere anche nell’uomo caduto, ma la maledizione continua a gravare sull’uomo, e non soltanto perché dobbiamo guadagnarci il pane col sudore della fronte, ma perché, a causa della nostra conformazione morale, non possiamo essere al tempo stesso oziosi e tranquilli. Una voce segreta ci dice che, se siamo oziosi, siamo anche colpevoli. Se all’uomo fosse possibile trovare un modo di vivere in forza del quale, pur essendo in ozio, si sentisse utile e adempiente al dovere, ritroverebbe almeno un aspetto della felicità primordiale. E di questa condizione d’ozio obbligatorio e incensurabile si avvale appunto un intero ceto: il ceto militare. Proprio in quest’ozio obbligatorio e incensurabile è sempre consistita e consisterà la principale attrattiva della carriera militare.”
O ancora, un passaggio sulla vita oziosa di Pierre a Mosca, quando si abbandona all’alcool e ai salotti:
“Talvolta ricordava di aver udito raccontare che in guerra i soldati, quando in trincea sono bersagliati dal fuoco nemico, non avendo niente da fare, cercano accanitamente un’occupazione qualsiasi per sopportare più facilmente l’immagine del pericolo. E a Pierre tutte le persone apparivano come dei soldati, che però cercavano scampo dalla vita: chi nell’ambizione, chi nel gioco, chi scrivendo leggi, chi nelle donne, chi nei giocattoli, chi nei cavalli, chi nella politica, chi nella caccia, chi nel vino, chi negli affari di Stato. «Non c’è nulla di insignificante, né d’importante, tutto è uguale; solo trovar scampo alla vita come meglio si può,» pensava Pierre. «Solo non veder la, lei, questa terribile vita!»
O, ancora, parlando stavolta di Anatol’
“Era persuaso che, come un’anitra è fatta per vivere nell’acqua, così lui era creato da Dio per vivere con trentamila rubli all’anno e primeggiare in società.”
O, ancora, quando Andreij sprona Pierre al fronte:
“Tutto sta in questo: sbarazzarsi della menzogna; e che la guerra sia la guerra e non uno scherzo. Altrimenti la guerra è il passatempo preferito degli oziosi e degli sventati… La condizione del militare è la più onorata.”

Adornato di lunghe conversazioni in lingua originale francese (lingua nobiliare del tempo) che pian piano si affievola durante il procedere del racconto. Più l’inluenza e la simpatia verso la Francia è sentita e più le conversazioni originali compaiono. Fino all’odio dopo il tradimento napoleonico che porta a rigurgiti di stampo nazionalista di questo tipo:
“Nel salotto di Julie, come in molti salotti moscoviti, si era stabilito di parlare solamente in russo; e coloro che si sbagliavano, dicendo qualche parola in francese, pagavano una multa che andava a favore del comitato per le offerte.”
Fu inoltre una mastodontica (per ingombro e portata) innovazione stilistica e compositiva. I dubbi, insomma, vanno espressi soltanto per coloro i quali si affacciano alla lettura sperando di trovare sollievo e modernità. Il monito è che dovranno scavare un po’ per farlo, nonostante il tesoro sia tangibile e gratificante. Si pensi al piacere di assaporare un racconto che amalgama sublimente personaggi reali a personaggi inventati. (Il generale Kutuzov fu figura storica di rilievo, colui che inventò la tecnica della terra bruciata – per non parlare dello Zar Alessandro I di Napoleone Bonaparte).

Sensazione di completa immedesimazione nello scenario di guerra. Descrizione oggettiva e lineare con un ritmo invisibile ma assuefante che immerge il lettore nel momento avvalorato dalle solite caratterizzazione dei personaggi alla Tosltoj, con gesti, espressioni o segni distintivi. Un esempio sublime:
“Il comandante aveva l’aspetto d’un uomo che compie con gioia uno degli atti più solenni della vita. Camminava davanti al reggimento schierato e, camminando, traballava a ogni passo, flettendo leggermente la schiena. Si vedeva che il comandante ammirava il suo reggimento, che ne era soddisfatto e tutte le sue energie spirituali erano dedicate solo al reggimento. E nondimeno, la sua andatura traballante sembrava rivelare che, oltre agli interessi militari, nella sua anima occupavano un posto non indifferente altri interessi, come la vita di società e il sesso femminile.”

E’ e rimane un libro epico, a volte persino tecnico per quanto riguarda le fasi concitate della battaglia (non avendo personale esperienza di letteratura militare, l’unica cosa paragonabile letta in vita mia è stata il signore degli anelli)

Bello e cavalleresco l’avvicinamento (formativo) del principe Andreij ai livelli più alti dell’esercito. La presenza nei consigli di guerra e il confronto con le alte cariche in prima persona modellano lui (e il lettore stesso, che impara) ad un ruolo di responsabilità e grandi decisioni. Fra tutti i personaggi, egli è quello che si avvicina con più passione e curiosità all’arte della guerra (e della gerarchia umana), reverenzialmente, empiricamente solcando la gavetta di ogni astuto e temerario giovane in carriera. La depressione che segue la prima sconfitta in battaglia è estremamente legata alla simbiosi dell’individuo verso la guerra. Forse, di tutti i personaggi, è quello che più affronta e subisce la purezza della trinità in gioco. “Il suo amore per una donna, la morte di suo padre e l’invasione francese che aveva occupato la metà della Russia.”
La sua stessa morte, mi è apparsa molto simile alla crocifissione del Cristo, con i tre tavoli a pareggiare le tre croci e, sui tavoli, un tartaro e niente meno che Anatol’, come il buon ladrone e Barabba (sì, un principe crocifisso assieme ai ladri e ai traditori); con la relativa illuminazione: il trapasso del perdono umano nella figura salvifica del martire.
Come accenna nel dialogo con Pierre, Andreij percepisce il mondo in categorie distinte e invalicabili. Il contadino che vive e deve vivere per il sudore e per la terra, ed il nobile che deve vivere di spirito e ozio. Tracimare da queste rigide caste (o stati mentali) porta alla morte, all’autodistruzione. O semplicemente alla mancanza di un desiderio e di una fede più alta (non per forza divina, ma comunque superiore all’uomo stesso).

Pierre che sembra essere tutto ciò che ci sia di più distante dalla figura dell’uomo virile e guerriero è il lato del pendolo verso il quale Tolstoj fa oscillare il suo solito strumento di indagine del mondo. Pierre è colui che arriva alla più intima ed empirica verità attraverso l’esperienza vissuta: “Pierre aveva imparato, non con l’intelligenza ma con tutto il suo essere, che l’uomo è creato per la felicità, che la felicità è in lui, nel soddisfacimento dei naturali bisogni umani, e che tutta l’infelicità non deriva dalla mancanza, ma dalla troppa abbondanza; ma ora, in quelle ultime tre settimane di marcia, aveva appreso una nuova confortante verità, aveva scoperto che nella vita non c’è nulla di terribile. Aveva scoperto che non esiste nel mondo una situazione in cui l’uomo sia felice e completamente libero, così come non esiste una situazione nella quale sia infelice e del tutto privo della libertà. Aveva scoperto che c’è un limite alla sofferenza e un limite alla libertà e che questo limite non è affatto lontano; che l’uomo che nel suo letto di rose soffriva perché un petalo si era gualcito, soffriva esattamente come soffriva lui ora, addormentandosi sulla terra nuda e umida, gelando un lato del corpo e scaldando l’altro; che quando calzava le sue strette scarpe da ballo soffriva proprio come ora che camminava completamente scalzo (da tempo le scarpe erano andate in pezzi) con i piedi coperti di piaghe. Aveva scoperto che quando, credendo di agire secondo la propria volontà, si era sposato non era più libero di quel che fosse ora, rinchiuso per la notte in una scuderia.”
La sua condizione di scoperta di se stesso attraverso l’empirismo della libertà è spiegata dettagliatamente in uno dei capitoli di chiusura, che affronta il tema del libero arbitrio (singolare e collettivo). Essa si ripete costantemente, tant’è che Pierre non è altro che la metafora di uno schiavo perenne; prima della sua condizione sociale, poi dei doveri impostigli dalla posizione, poi dalla sua patria, poi dalla condizione stessa della guerra, poi da quella della povertà e, infine, persino nel matrimonio con Natasa.

In realtà tutti i personaggi sono una cartina tornasole dettagliata dello spettro umano. Ed è notevole come Tolstoj conceda elementi di eleogio o disprezzo un po’ a tutti. Lo stesso orco corso, nonostante l’estremo odio ostentato nei suoi confronti, appare ancora più grandioso agli occhi di chi lo combatte. Quasi come se fosse più ammirato dai guerrieri russi che dai francesi. E’ inoltre il personaggio più “dubbioso” quello in cui la curiosità persiste incessante (“Che cosa è male? Che cosa è bene? Che cosa bisogna amare, che cosa odiare? Per quale ragione dobbiamo vivere? E io che cosa sono? Che cos’è la vita? Che cos’è la morte? Quale forza guida tutto?”) e che, a differenza degli altri personaggi, vive di minori certezze.

Il largo uso di analogie per spiegare il più semplicemente possibile concetti storico-politici è disarmante. Inoltre, la precisione con cui Tolstoj trova e mostra alcune verità della vita è forse la sua più grande dote. Spesso, nella sua prosa, ci si sofferma sull’efficacia delle sue puntualizzazioni. La varietà con cui le introduce è stupefacente, degna di uno dei più acuti osservatori del mondo e dello spirito. Un esempio: “Per la prima volta, in quell’assemblea, Pierre fu colpito dall’infinita varietà degli intelletti umani, la quale fa sì che nessuna verità appaia in modo eguale a due persone diverse.”
La stessa precisione, non si ferma fra l’altro soltanto all’arte segreta dello scrittore, ma sembra che Tolstoj abbia anche solide basi storiche, come quando distrugge la critica storica del tempo e spiega le vere ragioni della ritirata russa verso Borodino.
Tolstoj è inoltre superiore nella descrizione e ponderazione di situazioni sentimentalmente d’avanguardia per l’epoca. I temi toccati svariano in tutti i rami dell’amore, la complessità dei sentimenti è sempre messa in luce con onestà (l’insicurezza di Natasa, e quella di Nikolaij dopo). Pochi, nella letteratura, sono riusciti ad inquadrare e descrivere così semplicemente lo sviluppo di un amore. Un concetto direi blasfemo per la maggior parte dei sostenitori della bella scrittura. Non siamo certo a livello di Karenina, dove egli incorniciò la difficoltà di un sentimento spinoso e imprevedibile come l’amore nell’eternità della storia, ma esistono picchi anche in questo romanzo.

I personaggi che oso chiamare “sporchi” contagiano con la loro stessa essenza i più puri. Si pensi alla bella e giovane Nataša, stregata con un solo tocco dalla “dannata” Hélène, che nel giro di pochi secondi riesce a trasformarla da una spensierata campagnola in una laida donna di città. Il tema del dualismo fra campagna e società è motivo di costante ritorno nella letteratura di Tolstoj (e, credo, anche nell’intera letteratura russa – citerei Oblomov, per dirne una). Anche qui si alternano l’ozio all’attività, seppure non intesa come necessaria (mentre la necessità bellica arriva invece sempre con urgenza). E’ proprio grazie alla prima battaglia, per esempio, che Adnreij perde fiducia nella guerra come strumento di salvezza.

C’è poco, pochissimo, umorismo nel testo. Tolstoj sceglie di centellinare il sarcasmo affinché questo si noti ancor più quando rilasciato con finezza. E’ evidente che il soggetto preferito della satira è il grande e narciso Napoleone, che nemmeno si accorge della sua ridicola concezione di se stesso per la troppa pienezza di sè. La reverenzialità dei cortigiani adagiata all’ego dei comandanti è miscela più che sufficiente per godersi, qui e là, pillole d’umorismo. Rarissime, ma taglienti, le uscite sfacciate:
“era afflitto da una febbre biliare. Sebbene i dottori lo curassero, gli estraessero sangue e gli dessero da inghiottire delle medicine, ciò nonostante guarì lo stesso.”

L’immagine peculiare della russa, della terra madre è proprio quella di una donna usurpata, usata e violentata e poi abbandonata. Mosca, il cuore del corpo russo, ospita con i suoi grossi seni gli usurpatori per cinque settimane. La terra, come un corpo che pian piano repelle il virus o un soggetto estraneo, ingloba gli invasori e li trasforma. Da esercito (da guerrieri, quindi, ovvero quelle persone con un obiettivo citate nei passaggi precedenti) a molli saccheggiatori privi di futuro.

La maestria finale con la quale Tolstoj riconduce tutti i protagonisti a Voronez sembra davvero l’opera di un raffinato compositore che porta tutte le voci all’unisono in una magnifico coro.

Personalmente, la parte più bella e importante del testo è l’inizio del libro terzo, dove Tolsoj, con maestria suprema, cocentra l’essenza del conflitto del 1812 e prende le relative distanze dalle cause, snocciolandone i perché, inchindosi alla relativa impossibilità di spiegazione. E’ un passaggio che incide profondamente i punti citati poco sopra, dove, insomma, vengono rimescolate le carte della responsabilità divina e del potere dei grandi uomini. Come la gravità fa cadere la mela, una serie di azioni porta alla guerra. è con questa giustificazione che Tolstoj “libera” gli autori dell’enorme carneficina? Sono, nel suo pensiero, tutti gli uomini assurti a colpevoli?
“Nulla, in sé, di tutto questo, costituisce la vera causa. Tutto questo è soltanto la coincidenza delle condizioni per le quali si compie ogni evento vitale, organico, elementare. Il botanico che affermasse come la caduta della mela sia dovuta al dilatarsi del tessuto cellulare e cose del genere, avrebbe ragione quanto il bambino che, stando lì sotto, dicesse che la mela è caduta, perché lui aveva voglia di mangiarla e aveva detto una preghiera propizia per l’evento. Così, sarebbe altrettanto nel vero e nel falso chi dicesse che Napoleone mosse contro Mosca perché tale era la sua volontà, e andò incontro alla rovina perché così aveva voluto Alessandro. E del pari avrebbe torto e al tempo stesso ragione chi dicesse che la frana di una montagna di milioni di libbre, scavata all’interno, crollerà perché l’ultimo operaio l’ha colpita per l’ultima volta col piccone.”
E’ in queste righe che si apprende come, per l’uomo, la guerra sia qualcosa di fisico, una specie di evoluzione necessaria all’evoluzione. Qui l’occhio dello storico, ma soprattutto quello del lettore, dev’essere cinico. Non si rifletta sulle “colpe”, ma sulle azioni. E’ necessario scandagliare il fondo della natura umana per perfezionarsi e migliorarsi. La guerra non è ben voluta, ma risulta (o per meglio dire risultava) necessaria nelle condizioni di fervore che portarono a un mondo migliore. Come una malattia insita nel nostro dna, nascosta remotamente nelle nostre cavità.
Ma la chiosa conclusiva la lascio alle parole dello stesso Tolstoj:
“Per studiare le leggi della storia dobbiamo sostituire completamente l’oggetto della nostra indagine, lasciare in pace i re, i ministri e i generali, e studiare quegli elementi omogenei e infinitesimali che condizionano il comportamento delle masse.” C’è, infatti, una lezione magistrale sulla concezione della storia e dei suoi protagonisti. Guerra e pace è un gargantuesco capolavoro, un’opera imprescindibile e superiore che vuole portare il massimo dell’attenzione su un dilemma irrisolvibile e, probabilmente, eterno: il mistero insolubile dell’unione di libertà e necessità. Ovvero la sfida fra la coscienza e la ragione.

Piccolo schema riassuntivo dei capitoli, compilato nel corso della lettura.

LIBRO PRIMO
PARTE PRIMA
– Pierre riceve l’eredità e il titolo nobiliare dal conte Bezuchov, suo mentore.
– Introduzione e ambientazione nel salotto che fa da teatro ai vari incontri e pettegolezzi
– Partenza del principe Andrej per la guerra
PARTE SECONDA
– Introduzione dei personaggi nel teatro di guerra. Kutuzov e Mack, con i relativi Andrej Bolkonskij e Nicolaj Rostov.
– L’avanzata dei Francesi e la potenziale subordinazione Austriaca
– La battaglia, l’iniziale ritirata delle truppe di Kutuzov e il ricongiungimento con le truppe di Bagatrion.
PARTE TERZA
– il “nuovo” conte Bezuchov, Pierre, viene accettato in società. Il comportamento degli altri è mutato di colpo dopo la sua investitura.
– Pierre si innamora di Helène, la bella figlia del principe Vasilij, il quale, contemporaneamente, incoraggia e sospinge il loro matrimonio.
– Visita del principe Vasilij al principe Nikolaj Andrejeviè, che non lo ha in grazia, per provare a maritare suo figlio Anatol’ con la principessina (dall’aspetto non grazioso, Mar’ja).
– Le lettere dal fronte del giovane Nikolaj Rostov e il suo incontro con Boris Drubeckoj.
– La volontà di carriera di Boris (Il pensiero di essere in quel momento così vicino al potere supremo, agitava Boris. Sentiva di trovarsi a contatto con le molle che guidavano tutti quegli enormi movimenti di masse di cui lui, nel suo reggimento, era solo una piccola, docile e insignificante particella).
– Offensiva di Napoleone a Pratzen e relativa vittoria. Andreij fatto prigioniero nelle file francesi.

LIBRO SECONDO
PARTE PRIMA
– Ritorno a casa di Nikolaj e dei vari “eroi” di guerra. Banchetto in onore dei combattenti
– Pierre viene a sapere della tresca fra sua moglie e Dolochov. Duello fra i due, vinto da Pierre. Separazione con la moglie Heléne.
– Ipotesi della morte sul campo di Andreij. Ritorno a casa dello stesso mentre la principessa partorisce e poi muore dopo la venuta al mondo di Andrejè.
– Dolochov chiede in sposa Sonja ma lei è innamorata di Nikolaij, e si scambiano segretamente una promessa reciproca di fede.
– Nikolaij perde al gioco un grossa somma con Dolochov (arrabbiato e geloso del suo amore son Sonja). Denisov chiede la mano della piccola Natasa ma viene rifiutato e lascia Mosca.
– Nikolaij paga la somma a Dolochov e parte per la Polonia.
PARTE SECONDA
– Pierre si dirige a Pietroburgo e, dopo aver conosciuto un viaggiatore, entra nella massoneria.
– Salotto dalla Pavlova. Altro flirt di Heléne.
– I Bolkonskij si scambiano posizione. Il vecchio si dedica alla guerra come alto ufficiale, il giovane ne perde interesse e si dedica la nuovo arrivato.
– Difficoltò di Pierre nell’amministrare i suoi enormi possedimenti (e nell’esercizio della disciplina massonica)
– Dialogo filosofico di confronto fra Andreij e Pierre.
– Rostov e Denisov al fronte polacco.
– Altro incontro fra Napoleone e Alessando (i “due signori del mondo”), piccola tregua. Rostov chiede grazia per Denisov.
PARTE TERZA
– Andreij ricostruisce la passione per la vita militare. Propone un nuovo codice e viene aggregato al comitato per il codice militare.
– Andreij fa la conoscenza di Speranskij.
– Helène torna a Pietroburgo, si riappacifica con Pierre e frequenta il circolo di sostenitori dell’alleanza Napoleonica.
– Boris frequenta nuovamente la casa dei Rostov
– Nataša e Boris si innamorano (?) ma la loro relazione è osteggiata dalla contessa, che tronca la relazione.
– Gran ballo d’onore.
– Visita di Berg e Vera da Pierre. Orchestrazione di Vera sulla relazione tra Boris e Nataša. Coinvolgimento di Pierre e Andreij.
– Nataša si innamora del principe Andreij. Egli chiede la sua mano. Il vecchio Bolkonskij pone come termine minimo del matrimonio l’attesa di un anno.
PARTE QUARTA
– Ritorno a casa di Nikolaij, incontro con la famiglia.
– Battuta di caccia. Caccia al lupo.
– Nikolaij e Nataša si intrattengono con lo zio e il resto in famiglia (Sonja, Petja, Dimmler, i vicini, i Meljukov, ecc).
– Il conte e la contessa Rostov osteggiano l’amore di Nikolaij per Sonja e non danno la benedizione per sposarla. Nikolaij parte di nuovo verso il fronte.
PARTE QUINTA
– Pierre si abbandona ai vizi, alle letture e all’ozio della vita moscovita nonostante i suoi buoni propositi di alto massone.
– Incontro fra Nataša e la principessina Mar’ja a casa Rostov, antipatia fra le due.
– Serata all’Opera con quasi tutti i protagonisti. Hélène attira Nataša nell’alta società. Avance di Anatol’ (fratello di Hélène) nei confronti di Nataša. Crisi della stessa per la perdita della sua “purezza”.
– Sonja trova e legge la lettera d’amore di Anatol’ mentre Nataša dorme. Lite fra le sorelle.
– Nataša pianifica la fuga con Anatol’ che vuole rapirla per sposarla facendosi aiutare da Dolochov.
– Il tentativo di ratto viene fermato da Sonja. Pierre subentra per calmare le acque, redarguisce Anatol’ e lo spedisce a Pietroburgo per non creare più problemi. Andreij accetta il tutto con amara dignità.

LIBRO TERZO
PARTE PRIMA
– Napoleone rompe la tregua e muove le truppe verso oriente.
– Il generale Balašëv a colloquio da Napoleone in vece di ambasciatore. Scambio di missive fra i due condottieri e inizio della guerra.
– Altra partenza al fronte del principe Andreij.
– Riunione al fronte e ispezione del campo sulla Drissa. Conciglio con Pfühl e gli altri generali. Confusione totale di idee e direzione tra gli alti dirigenti russi.
– Azione coraggiosa di Rostov in battaglia contro i dragoni Francesi (rivelazione folgorante dopo aver ferito un avversario: «Dunque, loro hanno ancora più paura di noi!», che genera sconforto e nausea nel principe).
– Nataša malata e depressa si abbandona alla fede religiosa.
– Pierre si convince di dover partecipare alla guerra dopo un’interpretazione di una profezia massone. (si innamora di Nataša )
– Il piccolo Petja vuole arruolarsi alla guerra. Esalatazione per lo Zar suo imperatore.
– Riunione dei nobili russi per decidere il da farsi sulla guerra. Visita dell’imperatore e impeto unanime di partecipazione alla guerra. (Pierre e il giovane Petija compresi)
PARTE SECONDA
– Truppe russe confuse, procedono pian piano in ritirata senza una vera e propria leadership mentre l’esercito francese avanza impudente. Attacco di Napoleone alla città di Smolensk.
– Il principe Andreij è nuovamente al fronte e segue fuggendo l’attacco francese.
– Nel trambusto della fuga verso Mosca, il vecchio principe subisce un colpo apoplettico e muore poche ore dopo.
– Dopo il decesso del padre e la lontananza del fratello la principessina Mar’ja deve occuparsi dei suoi contandini.
– Nasce amore tra Nikolaij Rostov e la principessina Mar’ja Bolkonskaja.
– Pierre si spinge sempre più vicino al fronte finché non raggiunge il nucleo di comando e comincia ad osservare le operazioni di guerra vicino a Kutuzov e Bennigsen, e poi anche Andreij.
– Napoleone si prepara per la battaglia di Borodino.
– Allo scoccare dell’attacco francese, Pierre si sposta in prima fila per osservare, impacciato e ingombrante, la guerra dal vivo.
– Principe Andeij ferito, portato in infermeria.
– Disfatta morale napoleonica.
PARTE TERZA
– Kutuzov e il consiglio di guerra decidono di lasciare Mosca ai francesi e di ritirarsi oltre.
– Hélène diventa fervente cristiana (“Secondo le sue concezioni, il significato di ogni religione stava solamente nel rispettare, soddisfacendo i desideri umani, certe convenienze.) con il fine di sposarsi nuovamente e sciogliere il primo matrimonio con Pierre.
– Pierre rientra dal fronte a Mosca dopo il raptus bellico che lo ha colpito. Apprende della morte di Anatol’ e di Adnreij.
– Preparativi per spostarsi da Mosca organizzati in casa Rostov. Sonja scopre che fra i feriti trasportati c’è anche il principe Andreij in punto di morte.
– Mosca si svuota. Il conte Rastopèin gestisce le masse che sfollano e condanna a morte Verešèagin fustigato dal popolo.
– Pierre brama di uccidere Napoleone ma finisce per salvare la vita ad un capitano francese.
– Mosca viene data alle fiamme. Nataša si reca al capezzale di Andreij, si riaccende il loro amore.
– Ancora una volta Pierre cerca di nascondere la propria indentità ma viene coinvolto nel salvataggio di una bambina in una casa incendiata e poi in una lite con un francese. Arrestato come incendiario, viene portato in isolamento.

LIBRO QUARTO
PARTE PRIMA
– Di nuovo nel salotto della Pavlova. Pettegolezzi sulla malattia di Hélène, che muore, e notizie che giungono dal fronte. Kutuzov rimosso dall’imperatore, accusato di aver abbandonato Mosca.
– Nikolaij riparte nuovamente per un nuovo fronte, questa volta a Voronez. La governatrice cerca di organizzare il suo matrimonio con la principessina Mar’ja, allontandanolo da Sonja, più povera e priva di dote.
– Pierre viene tenuto prigioniero per alcuni giorni e arriva ad essere quasi fucilato. Incontro con Platon Karataev
– Marja raggiunge il fratello malato e trova anche Nataša e Sonja. Andreij in punto di morte, peggiora sempre più, sino a spirare.
PARTE SECONDA
– I russi rintanati dopo la loro ritirata ritrovano coraggio e rispondono ai sintomi di una debolezza francese. Parte il contrattacco.
– Pierre ancora sotto prigionia.
– Ritirata di Napoleone e delle sue truppe verso Smolensk. La volontà di Kutuzov di non attacare contrapposta alla fame di vendetta dei suoi sottoposti.
PARTE TERZA
– Guerra partigiana dei contadini russi contro la grande armata. Petja si aggiunge alla brigata di Denisov, che è diventato un capobanda partigiano.
– Dolochov e Petija si camuffano da francesi e cercano di intrufolarsi in una piccola formazione nemica per ottenere informazioni sullo spostamento delle grandi truppe.
– Durante l’attacco nella mattina seguente Petija viene ferito mortalmente e cade in battaglia. Fra i prigionieri russi liberati dal blitz viene liberato anche Pierre.
– Ripiegata della compagine francese verso il Niemen.
PARTE QUARTA
– A Nataša distrutta dal dolore della perdita di Andreij viene data anche la notizie dalla morte di Petja. La contessa viene devastata dalla notizia, che dà però motivo a Nataša di riprendersi per aiutare la madre sofferente. Nasce una grande amicizia fra Nataša e Mar’ja.
– Kutuzov, a Vilno, rendiconta all’imperatore il suo operato e la fuga dei francesi. Conferitagli l’onorificenza più alta, l’imperatore rimane comunque insoddisfatto e dubbioso del suo operato. Volontà di Alessandro I di proseguire la guerra “europea”. Morte di Kutuzov.
– Pierre si rifugia in una remota località (Orël) per riprendersi. L’esperienza brutale subita lo cambia in una persona molto più solare e riflessiva.
– Pierre ritrova Mar’ja e soprattutto Nataša, della quale sente di essere ancora innamorato. Racconta tutte le sue peripezie. Pierre confessa il suo amore per Nataša alla principessina, chiedendo consiglio. Pierre parte per Pietroburgo. Mar’ja comprende i nuovi desideri di Nataša.

EPILOGO
PARTE PRIMA
– Passano 7 anni. Considerazioni storiche e generali. Abolizione del “genio”, elogio della casualità e dei fatti. Si ripercorre ed analizza l’ascesa napoleonica.
– Pierre sposa Nataša. Muore il vecchio Rostov. Nikolaij torna dal fronte parigino per prendersi cura dell’eredità (piena di debiti) del conte padre. Abbandona l’esercito e si dedica ad un lavoro amministrativo a Mosca per non impensierire la madre già sofferente. Famiglia in rovina che Nikolaij nasconde alla madre.
– Nikolaij si riavvicina alla principessina Mar’ja, alla quale prova a tenere nascosta la sua povertà. Matrimonio fra Nicolaij e Mar’ja. Riassorbimento dei debiti e risorgimento dalle ceneri attraverso l’esercizio di un’attività contadina.
– Festa di San Nicola con quasi tutti i personaggi rimasti riuniti.
– Nataša e Pierre hanno 3 bambini. Vita da madre di Nataša, felice ma tirannica nell’esercizio della sua condizione di madre, moglie e capofamiglia.
– Ritorno in ritardo sul previsto da un viaggio di affari di Pierre a Pietroburgo. Dialogo fra Pierre Nikolaij e Denisov sulla situazione di stallo della Russia e di Pietroburgo. Desiderio di creare una società di gentiluomini che migliori l’operato del governo.
PARTE SECONDA
– Altre considerazioni generali dei fatti avvenuti tra il 1789 e il 1802. Legame tra i grandi personaggi storici e il movimento dei popoli. Cause e conseguenze della storia. “Il potere è la somma di tutte le volontà delle masse, trasferito per consenso esplicito o tacito sui governanti scelti dalle masse.
– Si ribadisce e delinea chiaramente il concetto dell’importanza della storia dei popoli e non delle singole persone. Riflessione sul senso del potere. “Qual è la causa degli avvenimenti storici? Il potere. Che cosa è il potere? Il potere è la somma delle volontà trasmesse a una sola persona. A quali condizioni si trasmettono le volontà delle masse a una sola persona? Alla condizione che quella data persona esprima le volontà di tutti gli uomini. Insomma il potere è il potere. Insomma il potere è una parola il cui significato ci è incomprensibile.”
– Ragionamento sulla consequenzialità dei fatti, sul rapporto fra azioni e sviluppi.
– Studio della piramide militare come esempio supremo di organizzazione collettiva.
– Riflessione sul paradosso del libero arbitrio.