J. R. Moehringer – Pieno giorno

Le fa conoscere Pound. Ora uscirai fuori da una folla confusa. Lei ama questa frase, continua a ripeterla, anche se non è del tutto sicura di ciò che vuol dire. La poesia non deve per forza voler dire qualcosa, dice lui. Quindi la poesia è come Humphrey Bogie. Be’, no. È solo che talvolta il verso di una poesia è bello, e basta. Ed è la bellezza il significato. L’unico significato di cui hai bisogno. Mi piacciono le cose che hanno un significato. Penso che la gente si preoccupi troppo del significato. Il significato è un’illusione. Un inganno. A me piacciono le cose che sono belle. È per questo che mi piaci tu. Lei sorride, preme la guancia contro la sua.

DUE PAROLE

Moeringher comporre un patchwork letterario con gli innumerevoli cavalli di battaglia che le gangster story hanno da offrire. Un po’ Robin Hood, un po’ Lupin, un po’ Montecristo, un po’ Papillon, un po’ il redento Shawshank. Si tratta insomma della storia di un cattivo dai valori cavallereschi (che poi, forse, è anche quello che così tanto affascina il pubblico quando si parla di malavita organizzata). Qui si narra la storia di William Sutton, un giovane rapinatore di banche che, guidato dall’amore per la sua musa, passa la vita fuori e dentro alle prigioni. Dalle rocambolesche evasioni, ai micidiali piani di svaligiamento, ai numerosi travestimenti dietro cui si cela il bandito, “Willy l’attore” è protagonista di una vita fuori dal comune, vissuta nel durissimo periodo della depressione Americana. La storia viene narrata in maniera sapiente con un doppio lavoro di contemporaneità e arte del flashback ma non posso arrivare a considerare Sutton una pietra della letteratura, né un libro che rimarrà negli annali. Nella notte di Natale, giorno a lui fatidico, il famosissimo e famigeratissimo Sutton viene liberato per l’ultima volta dal carcere. Ad attenderlo ci sono un giornalista e un fotografo che lo accompagnano per 24 lunghi capitoli-ore. Nel giro di una giornata, dunque, il protagonista ripercorre e racconta la sua vita nei luoghi che l’hanno segnata o contraddistinta. Anche per questo motivo l’ennesimo “remake” o tributo prende quanto mai corpo (anche se forse sono io a tirarlo per i capelli)… ma dalla vita di un proletario Irlandese che passeggia per la sua città raccontando la storia della sua vita, ispirato da una musa mancatagli per manifesta ingiustizia (quasi divina), alla prese con peripezie che sottolineano la sua astuzia, mi sentirei colpevole a non citare l’Ulisse di Joyce. Non certo per affinità letteraria però.