Le Braci + La signora con crisantemo

DAL TESTO

Ho compreso tutto. Che cosa vuoi che ti dica?…si invecchia un po’ alla volta: in un primo momento si attenua la voglia di vivere e di vedere i nostri simili. A poco a poco prevale il senso della realtà, ti si chiarisce il significato delle cose, ti sembra che gli eventi si ri petano in maniera fastidiosa e monotona. Anche questo è un segno di vecchiaia. Quando ormai ti rendi conto che un bicchiere non è altro che un bicchiere e che gli uomini, qualunque cosa facciano, sono solo creature mortali. Poi invecchia il tuo corpo: non tutto in una volta, certo, invecchiano per primi gli occhi, oppure le gambe, lo stomaco, il cuore. Si invecchia così, un pezzo dopo l’altro. Poi a un tratto invecchia la tua anima: anche se il corpo è effimero e mortale, l’anima è ancora mossa da desideri e ricordi e cerca ancora la gioia. E quando scompare anche questo anelito alla gioia, restano solo i ricordi e la vanità di tutte le cose; a questo stadio si è irrimediabilmente vecchi. Un giorno ti svegli e non sai più perchè ti sei svegliato. Conosci già esattamente quello che il giorno presenterà alla tua vista: la primavera o l’inverno, gli scenari abituali, le condizioni atmosferiche, l’ordine dei fatti. Nulla di sorprendente può ormai accadere: non ti sorprendono più neanche gli eventi inattesi, insoliti o raccappriccianti, perchè conosci tutte le probabilità, hai previsto già tutto e non ti aspetti più nulla, nè in bene nè in male… e questa è la vera vecchiaia. Eppure qualcosa è ancora vivo nel cuore, un ricordo, una qualche speranza vaga e nebulosa, c’è qualcosa che vorresti ancora dire o apprendere. Un giorno, lo sai bene, quel momento arriverà e allora, tutt’a un tratto, apprendere e affrontare la verità non ti sembrerà più tremendamente importante come avevi supposto durante i decenni di attesa. L’uomo comprende il mondo un po’ alla volta e poi muore.

ORIGINI

Le braci – Sándor Márai – 1942

La signora con crisantemo – Lorenzo Viani

 

DUE PAROLE

Due generali, amici di lunga data, si ritrovano dopo quarant’anni di distanza ad affrontare la questione che li ha tenuti separati per così tanto tempo. Come spesso accade, il motivo della loro sofferenza è una donna. Una donna ormai morta, silente, solenne custode dell’unica verità mai detta, quella che forse troverete nelle pagine, nelle stesse braci, quell’impossibile scintilla inespressa che assiste al loro breve e decisivo incontro. “Le braci” è un libro svuotato dalla sua stessa pienezza, votato alla domanda, schivo alle risposte. Una lettura stupenda, nonché il romanzo più famoso di uno dei più grandi narratori Ungheresi del novecento (sebbene Márai sia poi giunto in tarda età a non tesserne le lodi). Viene qui accostato ad un quadro italiano, ugualmente affascinante e misterioso, nonostante l’esasperata ricerca sul web per trovare un dipinto della scuola ungherese (incredibilmente ricca di capolavori ma, a quanto pare, ancora poco diffusa tra i motori di ricerca immagini. Ai più curiosi consigliamo: Kadar Bela, Szinyei Merse Pal, Janos Tornyai… fra i tanti).

Flatlandia + Piet Mondrian

Composition in black and white

DAL TESTO
“Osserva quella miserabile creatura. Quel punto è un essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo mondo, tutto il suo universo; egli non può concepire altri al di fuori di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poichè non ne ha esperienza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un’idea della pluralità, poihcè egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale, e traine questa lezione: che l’essere soddisfatti di sé significa essere vili e ignoranti, e che è meglio aspirare a qualcosa che essere ciecamente, e impotentemente, felici.”

“Il mondo è una superficie piana come quella di una carta geografica, sulla quale i flatlandesi scivolano senza sovrapporsi. La loro è una società rigidamente gerarchica: la casta più vile è quella delle donne, semplici righette con sulla punta un occhio, come aghi; viste dall’altro estremo, le donne diventano invisibili, così che a loro basta rivoltarsi per scomparire. Se un maschio per caso si imbatte in una donna, può rimanere trafitto, per ciò le legge impone alle femmine l’obbligo di dimenarsi sinuosamente, senza sosta, per evitare incidenti.”

ORIGINI

Flatlandia – Racconto fantastico a più dimensioni – Edwin Abbott Abbott – 1884 (titolo originale – Flatland: A Romance of Many Dimensions)
Composition in Black and White, with Double Lines – Piet Mondrian – 1934

DUE PAROLE

Flatlandia è un libro geometrico, diviso in due parti. Si addentra nei meandri delle dimensioni spaziali: dal semplice punto, all’infinito. Il genio di Abbott fa parlare un abitante della Flatlandia – terra immaginaria con due sole dimensioni – un quadrato erudito, appassionato di geometria e destinato all’incomprensione che le razze pensanti, e non solo, riservano solitamente ai loro geni, ai visionari, a quegli individui capaci di vedere oltre i limiti. Le barriere che il nostro narratore infrange sono quelle della percezione. Gli abitanti di Flatlandia conoscono solo lunghezza e larghezza. Sono schematici e pieni di pregiudizi, proprio come un abitante di un mondo a quattro dimensioni valuterebbe il nostro modo di pensare, la nostra scienza e la nostra società. Questo è il potere del libro, rivelarci limiti sempre più alti scendendo verso la semplicità dimensionale, idea ripresa parecchi anni dopo dal pittore olandese Mondrian, capace di riassumere su tela la pura essenzialità della vita. Immedesimandosi piatti, poi lineari, poi puntiformi, dunque inesistenti, saremo capaci, stringendo le meningi, di uno slancio di ottimismo in senso opposto. Lettura a dir poco illuminante, ferocemente brillante.