J. M. Coetzee – Vergogna

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Non parlano. David, pendendo esempio da Bev Shav, ha imparato a concentrare tutta la sua attenzione sull’animale che stanno uccidendo, per dargli quello che ormai on ha difficoltà a chiamare con il suo vero nome:amore.
Legato all’ultimo sacco, lo trascina fino alla porta. Ventitré. Non resta che il cane storpio, quello che ama la musica, l’unico che, se ne avesse la possibilità, correrebbe dietro ai suoi compagni nell’edificio della clinica, nella sala operatoria con il tavolo di lamiera zincata, dove aleggia un ricco miscuglio di odori, compreso quello che Zampasecca non ha mai sentito: l’odore dell’esalazione, il tenue, breve odore dell’anima liberata dal corpo.

Ciò che il cane non riuscirà mai a capire, ciò che il suo naso non saprà spiegargli, è come sia possibile entrare in una stanza all’apparenza normale, e non uscirne più. In quella stanza succede ancora qualcosa di innominabile: l’anima viene strappata dal corpo; resta per un attimo sospesa nell’aria, torcendosi e deformandosi; poi viene risucchiata e sparisce. Quella stanza, che non è una stanza ma un buco sul nulla, resterà fuori della sua comprensione.
“Ogni volta è più difficile” ha detto una volta Bev Shav. Più difficile e allo stesso tempo più facile. Si fa l’abitudine a tutto, anche al continuo peggioramento di ciò che era già ai limiti della sopportazione. David potrebbe risparmiare il cane storpio per un’altra settimana. Ma verra il momento, inevitabile, in cui dovrà portarlo da Bev Shav in sala operatoria (forse lo prenderà in braccio, forse per lui farà anche questo), in cui dovrà accarezzarlo e tirare indietro il pelo perché  l’ago trovi la vena, per poi bisbigliargli all’orecchio, confortarlo nel momento in cui, inaspettatamente, le zampe gli cederanno. Poi, quando l’anima se ne sarà andata, dovrà avvolgerlo e chiuderlo nel suo sacco, e il giorno dopo metterlo sulla carriola e rovesciarlo nelle fiamme, controllando che bruci e si riduca in cenere. Quanto giungerà il momento, farà questo per lui. Sarà poco, forse niente, ma lo farà.

 

DUE PAROLE

Il professore David Lurie, insegnante di lettere dell’università di Città del Capo, è dominato dalla poesia e dall’estetica. Inizia una relazione con una sua studentessa che prenderà presto risvolti disastrosi. Scoperto, gettando pubblicamente in vergogna (“disgrace”, dal titolo del libro) inizierà il suo calvario nella redenzione dei peccati. La biblica punizione si tramuta però in una riscoperta della realtà, un abbandono lentissimo della sfera poetica che passa per la ruralità della campagna sud africana e per i conflitti ancestrali di quella terra, prima su tutti, l’integrazione. Una discesa dal paradiso agli inferi, o meglio, all’atroce realtà. Gli abomini si accavallano davanti ai suoi occhi. Non solo lo stupro perpetrato a sua figlia da parte di ignoti rapinatori, che lo vede presente, ma anche la mera quotidianità è ben distante dalla bolla accademica nel quale viveva rinchiuso. La lezione è viva e viene sempre imparata per contatto diretto, si potrebbe dire cutaneo. E non esistono vinti o vincitori. Come riassumo efficacemente le ultime pagine del libro, anche lo stesso David si accorgerà di essere stato, così come tutti, alla stregua dei cani malati che concorre a sopprimere. Oggetto di una disegno molto più grande di lui. Sebbene non ci venga quasi mai richiesto di comprenderlo, ci è utile, almeno, saperlo accettare.

 

INFO UTILI

230 pagine
Super ET Einaudi Editore – isbn 9788806223182
Immagine: Portrait of ambroise – Vollard – 1910