La morte di Ivan Il’ic + LS Lowry

Head of a Man (with Red Eyes) LS LOWRY

DAL TESTO

“La fanciulla Praskov’ja Fedorovna era di buona stirpe nobile, graziosa; aveva un piccolo patrimonio. Ivan Il’ic avrebbe magari potuto aspirare a un partito più brillante, ma anche questo dopotutto era un buon partito. Ivan Il’ic aveva i suoi assegni; lei, sperava, avrebbe portato altrettanto. Buona nascita; donna affettuosa, leggiadra e assolutamente ammodo. Dire che Ivan Il’ic si sposò perchè amava la sua fidanzata e trovava in lei piena rispondenza alla sua maniera di considerar la vita, sarebbe altrettanto inesatto quanto dire che si sposò perchè la gente della sua società approvava l’unione. Ivan Il’ic si sposò per tutte e due le ragioni: faceva cosa grata a se stesso, prendendosi una tal moglie, e nel medesimo tempo faceva quanto era giudicato bene dalla gente altolocata.
E Ivan Il’ic si sposò.”

“Sì, la vita c’era, ed ecco che adesso se ne va, se ne va e non posso tattenerla. Sì, perchè illudersi? Forsechè non appare evidente a tutti, fuori che a me stesso, che io sto morendo e che ormai si tratta solo di sapere quante settimane, quanti giorni durerò ancora? E forse è per subito. C’era la luce, ed ora c’è la tenebra. Ero qui, ed ora son là! Là dove? Un gelo lo prese, gli si mozzò il respiro. Non udiva che i battiti del suo cuore. Io non ci sarò più, e che ne sarà allora? Niente ci sarà. E dove sarò io quando non ci sarò più? La morte dunque? No, non voglio. Balzò su, voleva accender la candela, la cercò a tentoni con mani tremanti, sicchè fece cadere a terra candela e candeliere, e di nuovo si rovesciò indietro sul cuscino. “Perchè? Ma poco importa perchè” si disse guardando con gli occhi spalancati nel buio. “E’ la morte, sì, la morte. E loro non sanno nulla e non vogliono sapere, e non hanno compassione. Loro si divertono. (S’udivano da lontano, d’oltre due porte chiuse, stese di voci e ritornelli). A loro non glie ne importa nulla, ma moriranno anche loro. Banda d’idioti! Io prima, ma dopo loro: anche a loro la stessa cosa. E loro si divertono. Bestie!” La rabbia lo soffocava. E sentì una pena straziante, intollerabile. Non è possibile che tutti siano per sempre condannati a questo orrore. Si levò.”

 

ORIGINI

LS Lowry – Head of a man (with red eyes)

La morte di Ivan Il’ič – Leo Tolstoj – 1886

 

DUE PAROLE

La morte di Ivan Il’ic è la personale apocalisse di Tolstoj. Così come il testo biblico di Giovanni snocciola l’essenza di una rivelazione assoluta e quasi banale, questo breve romanzo, che evita volontariamente la sorpresa, ricostruisce il percorso del protagonista verso la più ovvia delle nozioni. Nella vita non si vince e, cosa ancor peggiore, si muore. L’amara delusione di cedere la propria quotidianità in modo inaspettato, ma soprattutto quel vuoto esistenziale di essersi lasciati ben poco alle spalle (di non aver fatto e di non poter fare nulla) sconvolge Ivan Il’ic nel momento più alto della sua carriera di “inutile fra gli inutili”. Non è un caso che il romanzetto inizi rivelando l’interezza della vicenda. L’azione è dunque quella dello svelare, rimuovere letteralmente i panni e le vesti che coprono ciò che in fondo conosciamo già. Una riflessione amara, una domanda difficile e una risposta, come spesso accade, impalpabile. Tolstoj -arrivato in tarda età a giustificare il senso dell’esistenza con la fede- suggerisce che l’unico spazio per riempire quel vuoto sia la spiritualità. Fa trovare al suo personaggio una risposta nel perdono pochi attimi prima della fine effettiva, la seconda nel libro, affinché il lettore interrompa quel senso di critica borghese ferocissima che accompagna tutta la vicenda e torni, precipitosamente, all’incipit, quando la morte torna a essere una semplice notizia, una riga a margine, una nota ferma, immobile e imparziale su un giornale letto, da pochissimi ricordato.