Suddenly the journey is over and we got home and my tongue turned red and my eyes aint’t dry. I fall back in my beloved country in a sunny day of summer-end and everything is exactly as it was when I left, peaceful and well known, tame. Apart me. Somewhere, not far from here, a beautiful lady is spinning its web, waiting for my voice and I’m yelling towards the sky: I’m here. I’m full of life, full of primal fluid, fool of foolishness ‘cause I’ve seen too many seas in people’s gazes and I’m wider. And I’m wondering to wander, again. Continua a leggere
Caucasus 2013
Davit Gareja 30 Agosto
L’alba ci ha chiamati più volte senza riuscire a svegliarci. E’ arrivata puntuale, come sempre fa quando decide, ma noi la abbiamo ignorata. Abbiamo goduto della luce modesta che si leva nella camera facendoci cullare come pupi. Siamo agli sgoccioli, è tempo di partire per tornare e siamo pigri, abbiamo dosato le energie al centimetro spremendole fino all’ultima goccia. Siamo consumati. Questa notte inizierà un altro viaggio, tutto si srotolerà nuovamente sotto le coperte più tiepide dello stivale. Continua a leggere
Tbilisi 29 Agosto
Stamattina mi sono svegliato con l’alone di un sogno nella testa. Ero ad un mercato rionale, probabilmente in uno dei paesi che ho visitato in questi giorni, ed osservavo la bancarella di un venditore. Aveva, poco lì accanto, una scatola cartone e ci posava sopra una di quelle macchinine elettriche che girano in continuazione senza mai cadere dalla piattaforma. Quel tipo di macchinine che disegnano gli ingegneri. Le accendi, le posi, loro corrono, arrivano fino al bordo, si sporgono e poi tornano indietro. Continua a leggere
Vardzia 28 Agosto
Si pensa sempre di aver qualcosa da dire in qualsiasi situazione e con qualsiasi persona e in qualsiasi momento. Fondamentalmente, lo si fa perché ci si crea un’opinione su tutto. E grazie a Dio, direi anche. Quando ci capita di sentire qualcuno parlare andiamo per la maggiore verso due casi. “Senti tu questo imbecille che idiozie dice”, nella peggiore, oppure cadiamo nel fascino della parlantina e ne rimaniamo ammaliati. Continua a leggere
Kazbegi 27 Agosto
Una pagina, un libro, o una storia, sono i pianoforti più difficili da suonare. Quando ci si siede alla tastiera, con la melodia che suona chiara in testa, risulta comunque molto difficile stendere tutta quella serie di note senza avere l’impressione di commettere errori. Non parlo di refusi sintattici, né grammaticali. Parlo di una sensazione generale che soltanto chi ha provato ad esprimersi ha sentito. “Sentire”, verbo perfetto, non solo in questo caso. Scrivere comporta un’utopia che la musica non pretende di soddisfare, che è quella della comprensione. Continua a leggere
Tbilisi 26 Agosto
La fatica di dirti, Armenia. La fatica di scriverti e saperti ed esserti passato attraverso come un pensiero nella testa, come polvere sulla strada, come vento nelle gole. E dei tuoi secchi cavalli aver sfiorato le ossa e dei tuoi alti picchi aver misurato l’altezza e delle tue sinuose forme aver goduto le curve e i colori e le vertigini. E dei i tuoi occhi vitrei che galleggiano in un passato di rassegnazione aver sostenuto lo sguardo. Continua a leggere
Yerevan 25 Agosto
L’altro giorno abbiamo avuto un leggero scombussolmento intestinale. La nostra guida cartacea è chiarissima: “In caso di mal di pancia si consiglia di bere molto e assumere liquidi zuccherini al fine di riabilitare l’intestino alle sue funzioni”. Siamo così usciti per andarci a sbronzare. Era, tutto sommato, l’ultima serata utile in Armenia e ne abbiamo colto l’occasione. Fra poco si ripartirà nuovamente e non potremo in alcun modo permetterci futili distrazioni. Continua a leggere
Echmiadzin 24 Agosto
C’è una sola cosa che può spingere le carni e le pareti ad una dimensione insopportabile e questa cosa è il vuoto. La peculiarità dei monasteri armeni è proprio questa, l’assenza combinata all’austerità del liscio senso della pietra. Abituati come siamo alle fastose navate delle nostre chiese europee rimaniamo sempre stupiti dalla semplicità con cui i monaci e i praticanti armeni usavano costruire i loro luoghi di culto. Continua a leggere
Vayk 23 Agosto
La signora che gestisce il nostro ostello ha gli occhi tristi. Come tutte le donne, anche lei è fatta di acciaio e manda avanti da sola la baracca da dodici posti letto senza battere ciglio e quando la casa si riempie fino all’ultima branda, lei dorme sul divano in salotto, l’ho vista coi miei occhi l’altra notte quando mi sono alzato per fare pipì. Tutte le mattine proviamo a scappare evitando la colazione ma lei si acquatta, sbuca da un angolo e ci supplica quasi di mangiare al suo tavolo. Continua a leggere
Dilijan 22 Agosto
Scusate se insisto, ma mi fa troppo ridere aver tagliato i capelli proprio qui, lontano da casa. È importante il concetto. Fare qualcosa parte di una routine in un posto sconosciuto mi affascina. In fondo siamo dentro questi grandi meccanismi anche quando ce ne dimentichiamo. Come in un grande cosmo, la ruota dei nostri satelliti di noia e abitudini e gioie e felicità si ripete con costanza ellittica. Continua a leggere