Mi manca la mia macchina fotografica. Mi manca da far schifo, ne sento la mancanza. Con la mia macchina fotografica ci potrei vincere tutti i concorsi di fotografia del mondo, specialmente quelli di ritrattistica. Sono sicuro che li vincerei e anche la mia macchina fotografica lo da per scontato. È molto perspicace e delicata e ci sono affezionato, per questo oggi ne scrivo. Perché, un po’ per colpa mia, un po’ per colpa sua, è rimasta a casa, ad Itaca. Oh se qualche Lestrigone dovesse provare a rubarmela! Lo ucciderei. Saranno i posti bellissimi che sto visitando, il viaggio, il fatto di sapere di non averla con me, non so, anzi lo so, mai come oggi mi è mancata la mia macchina fotografica. Penso che sia un ingiustizia che ad un fotografo, anche se dilettante, venga privata la possibilità di andare in giro con la propria macchina fotografica. Ogni uomo dovrebbe avere il diritto di andare in giro con la sua macchina fotografica. La mia macchina fotografica, giusto per farvi capire l’importanza, mi permette di vedere le cose diversamente. Io guardo il mondo attraverso di lei e lei mi restituisce un’immagine ammaliante e romantica, che nasce solo dall’unione delle nostre forze. È la mia visuale abbellita dalla sua. Uno sguardo nettato. Chi rinuncerebbe ad un mondo più bello se solo ne avesse l’opportunità? Certo, ci sono altri modi per vedere il mondo diversamente –ad esempio l’alcool- ma non è la stessa cosa. In molti casi –ad esempio l’alcool – si porta la propria percezione ad un livello inferiore, un sotterfugio. E’ sempre un trucco, ma lavora in maniera più subdola. E allora il mondo ci va bene per difetto. Ci va bene ugualmente, chiaro, ma non è un migliorarsi, è soltanto un miserevole adattarsi. Con una macchina fotografica, invece, fermi un momento di bellezza che nessuno potrà mai più rubarti, momenti talmente belli, a volte, da essere insopportabili. Con la mia macchina fotografica ho fermato dei momenti talmente belli da costringermi a scappare da lei, per esempio, nascondendo quante più immagini potevo dentro la testa. A proposito di testa. Stamattina il Dandy mi ha tagliato i capelli sotto la supervisione del Fred. Erano entrambi concentrati su di essa, sulla capoccia, come se contenesse qualcosa di importante, ma ben so che –al pari di tante, tante altre persone– erano interessati solo all’esteriorità della faccenda (…a ragione, ci mancherebbe). Sono due ragazzi d’or, stasera ho detto loro che se fossimo gay sarebbe un mondo da favola. Alla fine il taglio ha lautamente soddisfatto e sorpreso tutti e tre. Ero già abituato a tagliarmi i capelli da solo tipo pazzo isterico ma, come per l’esempio dell’alcool e della fotografia, le soddisfazioni non sono paragonabili davvero, se non condivise. Andatelo a spiegare ad Alexander Supertramp per cortesia. Dopo il taglio di capelli siamo andati alle saline, vicino a Mozia, ancora inconsapevoli di dover passare uno dei pomeriggi più piacevoli trascorsi sin’ora. Niente di speciale dal punto di vista del turista medio ma… dato che tutto il sito era chiuso e la via di accesso ai mulini era proibita, abbiamo dovuto inventarci qualcosa per accendere la giornata. Come nei migliori racconti d’avventura per bambini, abbiamo rubato una zattera (una zattera, cazzo! Una zattera!) e attraversato il canale di nascosto, in barba ai padroni rognosi e cattivi. Camminando tra gruzzoli di sale alti tre volte noi, nella solitudine del mare ridotto alla sua essenza, accanto a vecchi mulini fatiscenti, all’ombra di un tramonto rosso e ventilato, non c’era niente di più bello al mondo del silenzio che soffiava sulla nostra faccia tosta.