Arrivati, siamo a casa, finalmente, che casa non è. Sono solo, ora, sul divano, e lo spirito del Fred mi ha appena letto una poesia di Kavafis. Itaca. Sono triste. Ho realizzato in questo momento che Jun se ne è andato, così come fra poco toccherà ad altri ed altri ancora. Lo so. La mia Itaca è un albero e le stagioni lo stanno mutilando costantemente. Quanti amici germoglieranno ancora e quanti ne perderò per il mondo? La distanza non mi fa paura, non la temo. Come per i sentimenti, non voglio altre dimensioni diverse da quella dell’infinito. Mi piace pensare di poter portare dentro tutti, anzi, di dover lottare per raggiungerli di nuovo, un giorno. La mia Itaca non è una casa, la mia Itaca è un passaggio. Ne sono consapevole. Lo spirito del Fred mi fa notare per la seconda volta in vita sua che “perdere qualcuno implica l’averlo prima trovato”. Ed ha ragione. E allargo il sorriso. Così ringrazio chi ha trovato noi, intanto, coloro i quali si sono aggiunti alla carovana della lettura di questo breve, inutile diario. Chi, con modestia, è salito sul vascello di Capitan Puma, nel mare imperfetto della mia scrittura, nell’oceano di ricordi privati della ciurma. Senza che nessuno chiedesse niente. E poi loro, ovviamente, noi, i miei compagni di viaggio. Le tre persone fisiche e le due persone accomodate sul mio cuore. Spero che i miei occhi vi siano bastati. Non è un viaggio importante, questo, come non lo è nessuna destinazione. Mi piace pensare che ciò che conta, in realtà, sia la speranza, quel filo capace di tenere legate le persone a chilometri di distanza, con tempi e luoghi inconciliabili, nei propri amori e nei propri desideri più remoti, nelle proprie amicizie, nelle proprie passioni. Ci vuole solo volontà. È questo lo spirito del diario: la speranza, il filo della maglia che tesse Penelope. A voi, cari, il mio augurio, il nostro migliore augurio. Possiate trovare la vostra Penelope ovunque, e sempre desideriate tornare ardentemente da lei. Non vi è persona più smarrita di chi rimanga fermo in un posto, con il corpo, ma soprattutto con la mente. Il viaggio è desiderio. Viaggiare, viaggiate. I confini si possono espandere solo dall’interno. Non importa quanto distante sia il vostro porto, sia esso una persona, una promessa di vita, un luogo, un peccato o una semplice, banale, vacanza come quella qui piacevolmente raccontata. Inseguendolo vi sentirete vivi. Sentendovi vivi, udirete Penelope cantare. “Vero?” chiedo. Ecco, lo spirito del Fred scompare, si dissolve. Ci siamo dati appuntamento a Itaca. Tutto scompare, adesso, diminuisce come il goccetto della buona notte nel mio bicchiere. Come fosse una clessidra, rivolto un altro po’ di tempo fuori dalla bottiglia. Butto il fuoco dentro la gola, scaldiamo i motori. Mi si gonfiano le vele nel petto.
Sono pronto a ripartire. Voi?