Ho scelto di togliere le lettere che non vedrete in questo testo -eccezione che occorre più volte nel titolo- perchè oggi ci si è condotti presso Corleone ed il termine “Corleone” non contiene nessun esempio di queste. Premetto: utilizzerò persino poche “u”, sebbene sembrino segni sensibili, che meno mi duole scrivere, per rispetto. Togliere il tipo di lettere che non nomino è molto difficile, visto che sono molto comuni. Così come le cose mediocri. E le cose brutte sono spesso comuni, così come lo sono le cose mediocri che non eccellono, spengono, deprimono, rendono soli. Forse purifico lo scritto, forse lo rovino. Boh. Converrete con me, comunque un bell’esercizio. No? Con che scopo? Meglio non perdere tempo e giungere celermente verso il dunque: perchè proprio oggi, direte voi? Beh, Corleone è il simbolo dell’uomo omertoso, del reietto e dello zittito, del muto, del soccombente e del vinto. Un luogo di storie non dette, non proferite. Non c’è quindi miglior giorno per riflettere sul silenzio. Silenzio in cui nuoto, silenzio in cui si spegne il mondo, silenzio che fende e offende gorghi di idee. Di tutti e di me. Inoltre sono mesi che mi ripromettevo di scrivere togliendo invece di mettere. E’ ben più tosto, mi sfido. Come le foto in cornice, come ogni dono non ricevuto: più ometti, più impreziosisci. Non ho niente contro di loro, contro quelle lettere, ben inteso, è solo un limite debole, un distruggere congiunzioni, quindi io ci gioco. E poi le cose difficili sono incentivi per il cervello, duro pensiero. Difficile sì, direi, troppi verbi finiscono per il suffisso ostile, quello che le contiene oltremodo, e mi viene subito ostico l’uso dell’infinito. Purtroppo. Ultimo -non meno degno di essere punto d’interesse- qui sfido Georges Perec (che genio fu). In culo persino tu, Ou.li.po. (se il lettore non dovesse conoscere, cerchi pure il riferimento). Scemenze, comunque. Di questi trucchi per scrittori volenterosi è pieno il mondo. Non mi invento niente, inteso, è solo stile. Sono fiero, però, del modo di condurre le emozioni nello scritto. O per meglio dire, sono fiero del modo in cui domo il lessico e vorrei, stesso identico modo, gestire il cuore. Impossibile. Mi duole riuscirci solo qui, sul foglio, non oltre. Nel silenzio, come dicevo, tutto rende eco e diviene grosso e dolente e perde luce, e spesso tremo. Comincio con questo test: levo lettere come pensieri. Evito. Mi obbligo, certo, mi forzo, non è ciò che voglio, ne che vorrò. Ci provo. Un giorno e di nuovo un giorno e di nuovo un giorno. Scevro di lettere, non fiorito. Stride il dubbio, il lungo percorso giunge limpido e lucido e veritiero, il vento che rode il midollo. Se fuggo sempre ivi torno. Il ronzio che rende il cervello brullo. Ecco cos’è quell’eco! Un quesito semplice, cui son degno. Come sorridere, in questo momento, privo di te?