Jared Diamond – Armi acciaio e malattie


C’è chi individua i fattori principali dell’espansione europea nelle armi, nelle malattie infettive, negli utensili di acciaio e nella produzione in serie. Siamo sulla buona strada: effettivamente, queste furono cause dirette e immediate delle conquiste. Ma è un’ipotesi incompleta, perché non parla delle cause remote e lascia senza risposta la domanda fondamentale: perché proprio gli europei finirono per avere le armi, l’acciaio e le peggiori malattie? Oggi sappiamo qualcosa di più sulla dinamica della conquista dell’America; l’Africa, invece, rimane un mistero. In Africa l’uomo ha trascorso gran parte del tempo della sua prima evoluzione; è in Africa che sono nati i primi uomini anatomicamente moderni, ed è sempre in Africa che si trovano malattie – come la malaria e la febbre gialla – letali per i conquistatori europei. Se il partire per primi ha una qualche importanza, perché l’Africa non si è imbarcata, con le sue malattie, alla conquista dell’Europa? Altro mistero: perché gli aborigeni australiani sono sempre rimasti cacciatori-raccoglitori?

DUE PAROLE

Il capito di apertura “La domanda di Yali” è lo sviluppo di un quesito molto semplice posto all’autore da un amico della Nuova Guinea che, camminando con lui sulla spiaggia, insieme a molte altre cose, domanda: “Come mai voi bianchi avete tutto questo cargo e lo portate qui in Nuova Guinea, mentre noi neri ne abbiamo così poco?” in altre parole: “perché l’umanità ha conosciuto tassi di sviluppo così diversi nei vari continenti?” Il libro sviscera dunque l’oggetto di queste differenze, di queste grandi tendenze della storia. Diamond afferma “Supporre che il corso della storia rifletta le innate differenze tra i popoli può sembrare logico, anche se ci hanno insegnato che non sta bene dirlo in pubblico. Ci sono studi scientifici che pretendono di dimostrare l’esistenza di queste differenze, e altri studi che dimostrano il contrario. Nella vita di tutti i giorni, vediamo che i conquistati sono spesso ai gradini più bassi della scala sociale, anche secoli dopo la conquista, e ci viene detto ciò che dipende non tanto da deficienze di natura biologica, ma da svantaggi di tipo sociale. E tuttavia continuiamo a chiederci il perché di tutto questo. Le differenze sono sotto gli occhi di tutti; ci viene spiegato che la giustificazione di queste differenze basata sulla razza – che sembra così semplice – è sbagliata, ma non ci viene fornita un’alternativa credibile. Fino a che non ci sarà una teoria convincente, dettagliata e di largo consenso circa il corso più generale della storia, la maggioranza di noi continuerà a pensare che la spiegazione razzistica, dopo tutto, deve essere quella giusta. E questa mi sembra la giustificazione principale per scrivere questo libro”. Non male, insomma. L’autore si carica sulle spalle un peso divulgativo assai importante. L’ambizione è quella di scardinare la teoria razzista con una solida base scientifica esplicativa. Nelle circa quattrocento pagine che compongono il saggio, Diamond descrive la parabola di tredicimila anni di evoluzione e lo fa non solo dal punto di vista storico ma anche linguistico, orografico e geopolitico. La parte centrale del testo in particolare si dedica al “giro del mondo dei cinque continenti” quindi ad un’osservazione più dettagliata di ogni macroregione continentale. Questo esercizio è propedeutico e fondamentale ad una tesi che, come si evince, fa della geografia, della botanica e delle risorse naturali (e del passaggio che l’uomo ancestrale fece attraverso queste) una componente fondamentale al successo di un popolo. Chiedendo già umilmente scusa per sommarizzare (e forse banalizzare) la spiegazione, provo a riassumerla: il passaggio cruciale dello sviluppo tecnico scientifico dell’uomo è stato attraverso l’agricoltura. Questa ha svincolato l’umanità dalla condizione (non si fa qui eccezione se migliorativa o peggiorativa) di cacciatrice-raccoglitrice. Questo ha direttamente causato la nascita di nuove malattie, causato dalla sedentarietà e quindi dalla proliferazione di germi e virus. Ugualmente, ha altresì concesso al gruppo di immunizzarsi prima degli altri. I popoli “sedentari” erano quindi in grado di esportare le loro malattie o di gestirne l’arrivo di nuove (ovviamente a seconda della letalità delle stesse). Come seconda distinzione poi, si evince come la caratteristica geografica di un luogo favoreggi o meno queste possibilità: la possibilità di esportare e importare semi o piantagioni differenti rappresenta una caratteristica essenziale per la fertilità di un posto. Altresì importante è la vastità e la distribuzione longitudinale di un’area (e qui Diamond spiega come la mezzaluna fertile fosse luogo ideale di partenza e sviluppo e di come le civiltà siano poi fiorite in Europa e in Asia piuttosto che in America o in Australia). Infine, ultima e non meno importante, è la costruzione socio politica delle civiltà che hanno insediato quei luoghi (qui di distingue le tribù, le bande, gli stati e le forme sempre più grandi e gerarchicamente complesse di società). La ricerca dell’autore è corroborata dalla controprova linguistica (già felicemente apprezzata nel libro “Geni Popoli e Lingue” di Luigi e Francesco Cavalli Sforza, non per altro co-fautori della prefazione di questa edizione), nonché dalle più recenti tesi archeologiche, genetiche e storiche. Un libro eccezionale per potenza divulgativa.