Zelda + Degas

waiting

 DAL TESTO

“- Chiamami amore – disse lui.
– No.
– Tu mi ami. Perchè non vuoi dirmelo?
– Non dico mai nulla a nessuno. Non parlare.
– Perchè non vuoi parlarmi?
– Rovinerebbe tutto. Dimmi che mi ami.
– Oh, io ti amo. E tu mi ami?
Amava talmente quell’uomo, si sentiva così vicina a lui, sempre più vicina, che iniziò a distorcerne l’immagine, come se premesse il naso contro uno specchio e scrutasse i propri occhi. Percepiva i lineamenti del collo di lui e il suo profilo scolpito come folate di un vento che soffiava sulla sua consapevolezza. Sentiva l’essenza di se stessa rimpicciolire e assottigliarsi, come lembi di vetro filato, tirato e allungato finchè non ne resta che una scintillante illusione. Senza cadere e senza rompersi, il filo continua a girare sempre più sottile. Si sentiva minuscola ed euforica. Alabama era innamorata.
S’insinuò nell’accogliente cavità del suo orecchio. Lo spazio all’interno era grigio e spaventosamente classico mentre osservava profondi solchi del cervelletto. Non c’era nessuna protuberanza né efflorescenza a interrompere quelle lisce convoluzioni, solamente il rigonfiamento della lustra materia grigia. “Devo vedere la parte anteriore” si disse Alabama. Le protuberanze increspate si erigevano umide al di sopra della sua testa e la ragazza iniziò a seguire le pieghe. non passò molto che si perdette. Come in un labirinto misitico le insennature e i ripiegamenti sorgevano su una pianura desolata e non c’era nulla a indicare una direzione o un’altra. Inciampò e infine scivolò nel midollo allungato. Ampie fenditure tortili la fecero muovere in circolo. Colta dall’isteria, prese a correre. David, distratto da una sensazione in cima alla colonna vertebrale, staccò le labbra dalle sue.”

 

ORIGINI

Lasciami l’ultimo Valzer – Zelda Fitzgerald – 1932 (titolo originale –  “Save me the Waltz”)

Waiting – Edgar Degas – 1882

 

DUE PAROLE

Lo dico subito, la personalità e il fascino dell’autrice superano di gran lunga quelle del libro. Zelda, oh Zelda, il lato oscuro del lato oscuro. Se è vero che dietro ogni grande uomo ci sia sempre una grande donna, il connubio fra uno dei più talentuosi narratori del nostro secolo e la sua schizofrenica metà, sembra avvallare questa tesi con il piacere della tristezza. La fragilità della sua vita si rispecchia in tutta la sua composizione, autobiografica, sofferta, sognante. Significativo il fatto che “save me the waltz” sia stato l’unico romanzo scritto e pubblicato dalla scrittrice. È una piccola tragedia inespressa, una vita alla rincorsa dei sogni comuni, di una bambina che vuole realizzarsi e crescere e scappare e che ben presto arriverà a fare i conti con l’insoddisfazione quotidiana. Nel libro, tutto prende senso con la danza. Le passioni, le risposte, il peso della vita. La via d’uscita da figli, famiglia e responsabilità sono le ripetizioni alla sbarra, gli esercizi, i movimenti del corpo dettati dalla sua rigida – e già prona al peso del tramonto – insegnante russa. L’ultimo Walzer, che Zelda mai arriverà a danzare, è la risposta che nessuno di noi può ottenere. Un pretesto preso a ragione di vita, senza nemmeno ben sapere perché. È l’obiettivo che tutti arriviamo a mancare. Tenera questa Zelda, come tenera era la notte del marito. Crea compassione, lei che è stata insignita del sempre attuale moto di emancipazione delle donne nella società. Hanno ragione a dire che incarni la figura del femminismo. Credo lo faccia in maniera involontaria, goffa e verace. Come spesso accade per le rivalse sociali, coloro che vogliono emanciparsi, finiscono spesso nel combattere i propri avversari con quelle armi e quei mezzi che –con buona probabilità- questi ultimi meglio padroneggiano.  Così una donna che probabilmente soffriva dell’ombra proiettata dalla gigantesca figura intellettuale del consorte, finì ingenuamente a ricercare il proprio senso di riconoscimento nel mondo, imitandolo: usando le parole. Scrivendo. Ironico e crudele dunque è il destino che lega Alabama, la sua alter ego nello scritto, alla vita reale. Non la danza, ma la letteratura fu ciò che portò a Zelda la carezza paterna che andava cercando. Personalmente, è proprio ciò che mi ha insegnato il libro. A volte è l’indotto dei nostri desideri –e non il desiderio stesso –  a consegnarci l’affermazione cui tutti necessitiamo. Così come è il ballare – e non il ballo – ciò che renderà quell’ultimo Walzer un’entità perennemente irraggiungibile.