Day 03 – Baia Mare / Surdești

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Ieri sera abbiamo rosicchiato la corazza citata ieri. Se la storia di un paese si legge sui libri, la sua eredità si trova invece nelle abitudini della gente e nelle sue tradizioni. Dopo cena la Lavinia ci ha invitato in una discoteca tradizionale, sottolineando marcatamente la differenza con una discoteca qualunque. La discesa nel club è dantesca e una nuvola di fumo torbido creata dalle sigarette degli avventori ci avvolge mentre scendiamo le scale d’ingresso. Il locale è piccolo e sotterraneo. Un androne dove ballare e un disimpegno laterale con tavoli da biliardo e video poker. I giovani che lo frequentano non hanno più di vent’anni e, come spesso accade a quell’età, cercano di copiarsi l’un con l’altro. Al centro del salone, libero di muoversi come meglio crede, aleggia il divo di turno. Lavinia ci dice che è un suo amico e riferisce sempre a lui come “il cantante”. Come gli altri, è ben vestito, giacca e camicia scollata, brillantina. Canta musica rumena accompagnato da un sassofonista mentre sventola i simboli del suo potere. Lo scettro microfono nella destra e un mazzo di “bani”, soldi, nella sinistra. È padrone e re indiscusso della notte. Canta per i ragazzi, farsi dedicare una canzone da lui è segno di prestigio. Le banconote che ha in mano infatti sono offerte da chi vuole farsi vedere spendere. La proporzione fra uomini e donne è sbilanciatissima, una ragazza per dozzine e dozzine di giovanotti. Il prestigio però non serve a conquistare le signorine, bensì a palesare benessere. Lavinia dice che tutti i ragazzi intenti a spendere sono emigrati che tornano a passare le ferie a casa e a ostentare i guadagni sudati altrove. Dimostrare il proprio stato sociale qui è molto importante, noi ci defiliamo anonimamente. Stamattina in macchina ci accorgiamo che il navigatore non funziona. A tentoni cerchiamo di raggiungere le tappe prefissate e, superata Baia Mare, dove ci concederemo successivamente un pranzo, visitiamo prima l’anonima Șișești, poi Șurdești, senza ombra di dubbio la chiesa monastero più bella che abbia mai visto. Un gioiello gotico e sinistro, remotamente nascosto nelle verdi colline circostanti nonostante rientri, di diritto, tra i patrimoni UNESCO. Per accedervi bussiamo alla porta della custode che, chiavi in mano, ci accompagna all’ingresso, concedendoci una sbirciata alla fatiscente sala celebrativa. L’ultima tappa della giornata è tra i boschi di Izvoare. Sbagliamo ripetutamente strada ma ci sembra lecito perderci. È da un paio di giorni che ho il terribile sospetto mi stia crescendo il naso.