Day 05 – Budești

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Si prenda un compasso molto piccolo e una cartina abbastanza dettagliata della contea del Maramureș. Si infilzi la punta del compasso nel paese di Budești e si tracci poi un immaginario confine dal raggio di dieci km intorno a centro. Si immagini infine, con un ultimo grande sforzo fantasioso, una serie di bisettrici casuali dettate dall’assenza di suddetta cartina. In questo verde e circoscritto riferimento geometrico si è distinto, per tenacia, un nervoso andirivieni automobilistico che ci ha piacevolmente impegnato l’intera giornata. Giungiamo sulla punta del compasso poco prima di mezzogiorno. Bastano pochi metri per accorgerci della vivacità del posto. Siamo appiedati, abbiamo parcheggiato. Mattia scatta una foto ad un signore claudicante e tutto sghembo sicuramente più dedito alla palinka che al lavoro. Una zabetta urla dal balcone. Lo inziga, lo istiga. Il beone s’offende, si gira sul busto slanciando il garretto come una trottola, lo manca, gira ancora e lo inquadra. C’è. Gli chiede, lo interroga, Mattia risponde in spagnolo, quello parla dialetto. S’intendono ma il ciucco non ci sta, gli agguanta la macchina fotografica e tira la tracolla, sbraita. Mattia dà di mulinello, sembra aver pescato un pesce che non vuol mollare. Si stacca. L’altro gira tutto scoordinato che sembra un trombone. S’affacciano alle finestre, siamo lo spettacolo del paese. La zabetta non molla, quell’altro si carica. Vuol proprio suonargliele. Prova ad agguantarlo ma Mattia sguscia via come un’anguilla. Arriviamo anche noi. Niente. Ce l’ha solo con lui. “Cancellata!” “Manigoldo!” “Pollo!” “Ah il bastardo!” Esce una signora, si scaglia verbalmente contro il paesano “Lascialo stare!” “Zitta tu!” Prende un sasso, finge ti tirarglielo caricando la schiena ondulata come una catapulta in mare, lei non si muove d’un centimetro. Lo distraggono mentre Mattia s’allontana. Io e Jeje andiamo a recuperare la macchina e Ale si ferma a chiacchierare con lo sbronzo. Facciamo saltare a bordo il latitante e in men che non si dica siamo a ribattere le sponde del cerchio. Sterrato, asfalto. E Cavnic, Ocna Șugatag, Sârbi, Breb, Călinești, Cornești, Ferești e Hărnicești e il cerchio sempre più piccolo e dal suo centro una lunga linea serpeggiante fino a Gherta, a casa, come una brutta calligrafia che ci ricorda il fotogenico ubriaco.