L’utilizzo delle similitudini è un esercizio puramente umano che ci aiuta ad accomunare luoghi, pensieri e persone distanti fra loro. Quando si incontrano, o quando si rivelano ai nostri occhi in momenti inaspettati, si crea in noi un senso di consapevolezza che sembra darci più saggezza. Come se, congiungendo due punti lontani, riuscissimo a tessere meglio la trama di una vita in cui tutto fugge e nulla rimane. Io ne faccio largo uso durante le descrizioni, ne vado letteralmente matto quando ne incontro di eclatanti e mi deprimo quando ne associo di banali. Ovviamente, di similitudini questo diario è zeppo. Alcune lampanti, chiare anche ai miei compagni di viaggio, sono già state elencate. I villaggi nei paraggi di Mediaș ad esempio, così simili al Messico e così colorati. O i monasteri moldavi, stupendi corpi tatuati. O il cimitero felice, così affine alle tombe di Spoon River.
Altre similitudini, molte volte personali, sono giunte per caso, e potevano invero rimaner taciute. Non ho detto infatti di come sì somiglino i due conti protagonisti dei libri che mi stanno accompagnando, Dracula e il Montecristo. O il finale di una grande storia, come quella che accomuna Mariangela al gabbiano Jonathan Livingstone, spariti entrambi dominando il cielo.
Infine le ultime similitudini, quelle banali e stucchevoli, come la scritta sulla collina di Brașov a richiamare la più famosa cartolina di Hollywood. Insomma ci si potrebbe sbizzarrire. Mi piace coltivarle perché hanno un enorme pregio, aiutano a ricordare. Domani Ale ci lascia e già scava nella mia memoria l’agosto scorso, quando a lasciare me e Mattia al proseguo del viaggio fu il buon Matteo Angelino alle porte di Tbilisi.
Non me ne stuferò mai. Ho lasciato un paragone in ogni città che ho visitato. Per usare l’ennesimo, ne ho abbandonato uno ad ogni passo come Pollicino lungo il mio percorso. Conservo un granello di pane per ogni volto, ogni piazza, ogni piatto, ogni gesto, ogni entità che sia stata in grado di regalarmi un’emozione. Belle e brutte siano, sono nel cassetto, come costellazioni di un universo tascabile e interconnesso. Mi piace pensare che un giorno saprò raccoglierle con parsimonia, ricostruendo la via fatta fino a quel punto. Non ho paura di andare lontano. Quel giorno, voltandomi, avrò ben chiaro da dove arrivo. E se non dovessi ritrovarci casa mia, sarebbe pur sempre qualcosa che gli somiglia.