Elizabeth Taylor, l’ultima delle attrici di Hollywood vecchia maniera, ha conservato in pieno la sua presa sull’immaginazione popolare nei due decenni trascorsi dalla stesura di questo libro. E’ una caratteristica che essacondivide (e non certo grazie a me) con quasi tutti i personaggi pubblici che vi compaiono: Marilyn Monroe, Reagan, Jackie Kennedy, per esempio. Gli anni sessanta videro una commistione irripetibile di fantasie pubbliche e private, e bisognerà aspettare ancora qualche anno perché una cosa del genere si ripeta, se mai si ripeterà. Per la prima volta il sogno collettivo di Hollywood si mescolava all’immaginazione privata dello spettatore televisivo iperstimolato dagli anni sessanta. A volte qualcuno mi incita a scrivere un seguito de la mostra delle atrocità, ma ormai la nostra percezione della fama è cambiata. Non posso immaginare di scrivere qualcosa su Maryl Streep o sulla principessa Diana, e anche l’indubbio mistero di una figura come Margaret Thatcher sembra riflettere più che altro dei difetti di progettazione nella sua personalità così evidentemente autocostruita. Certo, si possono costruire delle fantasie sessuali su ognuna di queste tre figure, ma solo in modo meccanico: l’immaginazione appassisce presto. Al contrario della Taylor, esse non irradiano alcuna luce. Si è verificata una sorta di banalizzazione della celebrità: oggi la fama che ci viene offerta è istantanea, pronta per l’uso, e ha il potere nutritivo di una zuppa in scatola. Le serigrafie di Warhol mostrano questo processo in atto. I suoi ritratti di Marylin Monroe e di Jackie Kennedy sottraggono alla vita di queste donne disperate la loro tragedia, e la sua tavolozza lucida e brillante le restituisce al mondo innocente dei libri colorati per bambini.
DUE PAROLE
Non riesco a chiamare romanzo “la mostra delle atrocità” che, ai miei occhim appare più come un insieme di racconti e note impacchettati a guisa di diario disordinato. Non appena si infrange la stupida necessità di trovare un filo conduttore, i brevi paragrafi accomodati tra lunghe note a margine, cominciano a rivelare un terrificante dipinto della modernità. Ballard utilizza alterna descrizioni asettiche, morbosamente intrise di sessualità e anestetica freddezza, a personali ricordi della quotidianità spostando il fulcro del suo osservare dal pubblico al privato. Le grandi figure di facciata degli scorsi decenni (si legga l’estratto qui sopra come esempio supremo) vengono analizzati e sezionati al fine di resituirci una specie di significato dei tempi. Inutile sottolineare la lunghezza di pensiero dell’autore, già ampiamente preceduta dalla sua nomea visionaria. L’occhio di Ballard non solo è infallibile, descrive uno scenario terribilmente preciso, punto evolutivo del presente da lui osservato e così ben capito.
INFO UTILI
3 ore di lettura circa
edizione Universale Economica Feltrinelli (ISBN 0788807885648)
in copertina : Andy Warhol – Jackie – 1964