Miguel de Unamuno – Nebbia

Frank Hinder 1967

“Come, non sono vivo? Sono forse morto?” e cominciò, senza accorgersi completamente di quello che faceva, a palparsi.
“No perbacco, no!” replicai. “Ti dissi prima che non eri né sveglio né addormentato, e adesso ti dico che non sei né morto né vivo.”
“Finisca di spiegarsi una buona volta, per Dio! Finisca di spiegarsi!” mi supplicò costernato “perché sono tali le cose che sto vedendo e ascoltando questa sera che temo di impazzire.”
“Ebbene; la verità è, caro Augusto“ gli dissi con la voce più dolce “che non puoi ucciderti perché non sei vivo, e non sei vivo e neppure morto, perché non esisti…”
“Come non esisto?” esclamò.
“No, non esisti altro che come ente di finzione; non sei, povero Augusto, niente altro che un prodotto della mia fantasia e di quella dei miei lettori che potrebbero leggere il racconto delle tue finte avventure e sfortune che io ho scritto; tu non sei altro che una personaggio di romanzo e di nivola o come vuoi chiamarlo. Ora sai, perciò, il tuo segreto.”
All’udire ciò, il pover’uomo rimase un momento a guardarmi con uno di quegli sguardi pungenti che sembrano trapassare e giungere fino in fondo; guardò poi un attimo il mio ritratto a olio che presiede ai miei libri; gli tornarono il colore e il respiro; si riprese, si dominò, appoggiò i gomiti sul tavolino in cui vi era il braciere, al quale si era accostato, proprio di fronte a me, e con il viso nelle palme delle mani e guardandomi con un sorriso negli occhi, mi disse lentamente:
“Stia attento signor Miguel… di non essersi sbagliato e che non capiti precisamente tutto il contrario di ciò che lei crede e dice”
“Il contrario?” gli chiesi, allarmato di vederlo riacquisire vita propria.
“Che non sia, mio caro signor Miguel” aggiunse “lei e non io l’ente di finzione , colui che non esiste in realtà né vivo né morto… che non sia lei unicamente un pretesto perché la mia stori giunga fino al mondo…”

DUE PAROLE

Il protoromanzo, o metaromanzo, o feticcio, oppure semplicemente “nivola”, come indica l’autore stesso, è un infrangimento delle regole fantasiose proprie di ogni storia. Il protagonista è consapevole della sua inesistenza, ci arriva attraverso un lungo procedimento guidato dall’autore, acceso tramite la fiamma di un amore. La nebbia è tutto ciò che ci avvolge, il suo diradamento ne è la presa di coscienza. La vicenda è delle più banali (assai simile a “che fare” di Nikolai Černyševskij, letto pochi mesi fa, e persino molto affine, per sviluppo, a “ad occhi chiusi” di Tozzi, anch’esso di fresca lettura): un giovane benestante si innamora di una bella ragazza la quale, ingannandolo, gli procura incurabili dolori d’amore. Il tema centrale del testo però è l’esistenza. Le riflessioni intestine allo scritto sono sempre rivolte in forma di discorso o monologo ad un interlocutore idealizzato. Lo è il cane Orfeo, confidente intimo e silenzioso del signor Arturo, lo è Victor e lo è lo stesso autore quando il protagonista arriva a parlare direttamente con lui quasi in una forma psicoanalitica di un dialogo con il nostro Dio.
INFO UTILI

Bur Rizzoli – Classici moderni – ISBN 9788817022125
260 pagine, 4 ore e mezza di lettura circa.