E le occasioni? Noi siamo stati tirati su con l’idea delle occasioni. Se si compra un capo nuovo, non lo si mette subito tutti i giorni, si aspettano le occasioni. E se qualcuno regala una scatola di cioccolatini o una bottiglia di liquore importante, non si aprono mica subito: si aspetta la prima occasione.
Lui invece no. Apre tutto subito, comincia a mangiare e bere a qualunque ora, mette subito il capo nuovo appena comprato, magari per andare a lavorare: perché dice che tanto lui di occasioni non ne ha.
Prende invece, molto facilmente, le abitudini. Ogni cosa che gli è piaciuta una volta, ogni cosa che gli si insegna e che lui approva, diventa subito un’abitudine. E non ne può più fare a meno, anche se dice che se c’è c’è, e sennò chi se ne importa. Bisogna proprio approfittare di questa tendenza all’abitudine.
Ma senso della proprietà mi pare proprio di no.
Invece, lo stimolo a nidificare, certamente per la prima volta, sì, piuttosto. E si vede.
In fondo, ormai si tratta di un investimento, oltre che affettivo, anche economico, per tutt’e due.
Ma mi vorrà bene, poi, oppure sta facendo solo il suo interesse?
“L’amore si presenta quale materia prima, mezzo di lavoro, prodotto, forza-lavoro messa in vendita come merce. Ma tutto dipende dalla funzione determinata nel processo lavorativo nel quale si esercita l’attività dei singoli, della posizione in esso occupata. Se cambia questa, cambiano le determinazioni. Infatti, la produzione di messaggi sessuali è un’istituzione di rapporti di lavoro e di produzione, e questi rapporti sono anche segni: mezzi di scambio universale per qualsiasi comunicazione, come il denaro e il linguaggio, coi quali si cambiano come con tutte le altre merci; insieme di tecniche di specificazione sociale adoperate per comunicare; produzione di merce. Anche capitale costante di ogni lavorazione, comunicazione, espressione, più capitale variabile costituito dalla capacità personale specifica: ossia, ciò che l’individuo aggiunge specificatamente con la propria abilità singolare di effetturare messaggi sessuali a un capitale sociale complessivo che è insieme patrimonio colletivo e modello di lavorazione sociale…”
Eppure, “senso della proprietà”, parrebbe sempre di no…
DUE PAROLE
Arbasino fotografa lo spaccato dell’Italia degli anni 60 utilizzando un linguaggio diretto e gergale, sostenuto dal modo indicativo, che ben sostiene la peculiarità del suo stile narrativo. Il romanzo è una storia di amore tanto passionale quanto traballante, nata sulle spiagge della riviera toscana quasi per gioco e protratta poi nel tempo, fra due giovani stereotipi: la bella Roberta, appunto, e il giovane Franco. L’incarnazione della borghesia provinciale lombarda ed il proletariato evanescente del post-boom-economico. Si abbracciano pertanto la sfera personale delle relazioni e le relative classiche domande sul perché ed il per come si creino le coppie (di conseguenza le famiglie italiane), e quelle macroscopiche sulla società ed i contenitori sociali della stessa. Possiamo dire che il romanzo sia metafora di quel connubio culturale avvenuto in seguito al fervore economico ed industriale che rinvigorì il paese impoverendone irrimediabilmente gli animi? Possiamo dire che sia un perfetto ritratto di quegli anni, dove la classe proletaria cominciò a svanire? Possiamo dire che furono quelli gli anni dove si iniziò a globalizzare i sentimenti? Non lo so, è la mia interpretazione. Avvallata anche dal tratto che ho presentato: l’amore si presenta come materia prima… in un Italia attenta al soldo, alla crescita, al mercato, al benessere… le relazioni basano le loro fondamenta sulla convenienza. Sulla superficialità innata dei nuovi arricchiti.
INFO UTILI
165 pagine, 2 ore e mezza di lettura circa
edizioni Gli Adelphi – ISBN 9788845917318
in copertina, Felice Casorati