«Orsù, che cosa risolviamo?», disse il re. «Ciò spetta a Vostra Maestà più che a me», disse il cardinale. «Io sosterrei la colpabilità.» «Ed io la nego», disse di Tréville. «Ma Sua Maestà ha i giudici, e i giudici decideranno.» «Va bene così», disse il re, «rimandiamo la causa davanti ai giudici: giudicare è loro ufficio, ed essi giudicheranno.» «Solamente», riprese di Tréville, «è una cosa ben triste che in questi disgraziati tempi in cui siamo, la vita più pura, la virtù più incontestabile non bastino a salvare un uomo dalla infamia e dalla persecuzione. In tal modo l’esercito sarà poco contento, ed io posso risponderne, di trovarsi in balìa di rigorosi trattamenti per causa di faccende di polizia.» La parola era imprudente, ma di Tréville l’aveva lanciata con cognizione di causa. Egli voleva una esplosione, perché in questo caso la mina fa fuoco e il fuoco rischiara.
DUE PAROLE
Ci affacciammo
alla lettura de “I tre moschettieri” con tutto il sospetto e la referenza che
possono avere i lettori (sicuramente) sedotti de il conte di Montecristo. Le
aspettative non furon deluse. Sempre bello leggere Dumas, con lo sforzo –s’intende-
del leggere un romanzo d’appendice ai tempi nostri.
Dumas vuole restituire gli eroi al popolo. È un libro molto molto levigato,
ritagliato per le bocche non certo raffinate dei lettori del tempo, che strizza
immensamente l’occhio alla povera gente. I moschettieri sono infatti figure
semidivine, che combinano la grandezza dei gentiluomini, l’onore puro, alle
bassezze della gente d’armi. Come cita lo stesso autore in non ricordo più
quale prefazione, ci troviamo di fronte a uomini normali che hanno nomi che
terminano con la “s” come le divinità greche. Su D’Artagnan si spende un
paragone ancora più ardito, se possibile. “Con un simile vademecum, D’Artagnan
si trovò ad essere, tanto per il morale quanto per il fisico, una copia esatta
dell’eroe di Cervantes, al quale noi lo abbiamo così felicemente paragonato,
allorché il nostro dovere di storici ci ha imposto la necessità di delinearne
il ritratto. Don Chisciotte prendeva i mulini a vento per giganti, e le mandrie
di montoni per eserciti; D’Artagnan prese ogni sorriso per un insulto, e ogni
sguardo per una provocazione.” Si passa sempre dal classico al popolare, dal
divino al terreno. Le figure principali del testo sono personaggi dalla
complessità meravigliosa. I veri pilastri del romanzo, ovvero il cardinale
Richelieu e la bella Milady, senza ombra di dubbio i più riusciti. Un romanzo avventuroso
e d’intrattenimento, che scalda gli animi e fa volare la fantasia dell’avventura.