Carlo Rovelli – Helgoland

La realtà è una stratificazione lussureggiante: montagne innevate e foreste, lo sguardo degli amici, il rombo della metropolitana nelle sporche mattine di inverno, la nostra sete irrequieta, il saltare delle dita sulla tastiera del portatile, il sapore del pane, il dolore del mondo, il cielo notturno, l’immensità delle stelle, Venere che brilla solitaria nel cielo blu oltremare del crepuscolo… Di questo pullulare caleidoscopico pensavamo aver trovato la trama di fondo, l’ordine nascosto dietro al velo disordinato delle apparenze. Era il tempo in cui il mondo sembrava semplice.
Ma le grandi speranze di noi minuscole creature mortali sono brevi sogni. La chiarezza concettuale della fisica classica è stata spazzata dai quanti. La realtà non è come la descrive la fisica classica. È stato un risveglio brusco dal sonno felice in cui ci avevano cullato le illusioni del successo di Newton. Ma è un risveglio che ci riporta al cuore pulsante del pensiero scientifico, che non è fatto di certezze acquisite: è un pensiero in movimento continuo, la cui forza è proprio la capacità di rimettere sempre in discussione ogni cosa e ripartire, di non aver paura di sovvertire un ordine del mondo per cercarne uno più efficace, e poi rimettere ancora tutto in discussione, sovvertire tutto di nuovo. Non aver paura di ripensare il mondo è la forza della scienza: da quando Anassimandro ha eliminato le colonne su cui appoggia la terra, Copernico l’ha lanciata a roteare nel cielo, Einstein ha sciolto la rigidità della geometria dello spazio e del tempo e Darwin ha smascherato l’illusione dell’alterità degli umani… La realtà si ridisegna in continuazione in forme via via più efficaci. Il coraggio di reinventare in profondità il mondo: questo è il fascino sottile della scienza che aveva catturato le ribellioni della mia adolescenza…

DUE PAROLE

La semplicità di esposizione del Prof. Rovelli è disarmante. Dopo essere rimasto letteralmente sbalordito da come presenta la bellezza dell’universo nei suoi testi precedenti, prima spiegando alcune semplici nozioni di fisica, e poi distruggendo il concetto di tempo, oggi sono ancora più destabilizzato dal magico viaggio attraverso la fisica quantistica. È chiaro, siamo agli albori di questa disciplina, in un periodo storico dove il dibattito sui quanti è ancora molto accesso e ben lungi dell’essere compreso. Per questo motivo, ancor più, il tentativo di Rovelli è encomiabile, prezioso. Un piccolo libro dal peso specifico di una tonnellata. Un peso insopportabile da reggere tra le mani, non solo per la vastità dei concetti scalfiti, quanto per la bellezza nelle loro esposizioni. Rovelli digredisce quasi più di filosofia che di fisica. Con la gioia che solo un bambino può avere (concetto che, se non sbaglio, descriveva già nel suo primo romanzo in una metafora di gioia di un giovanotto nei confronti di un regalo di natale), partendo dall’isola magica dove il giovane Heisenberg riceve una specie di rivelazione, ci viene presentata la scoperta del microscopico e incomprensibile mondo quantistico. “La grammatica dell’universo”. Un viaggio da cui emergo boccheggiando con due scoperte, o per meglio dirle, due nuovi modi di pensare il mondo: il primo è il determinismo, il secondo è la finitezza di ciò che ho sempre dato per scontato come infinito. Lascio qui cadere questi appunti, ho troppa paura di rovinare un viaggio mentale con delle parole che non potranno poi essere cambiate. Mi riprometto di prendere nuovamente in mano il testo fra qualche anno e riaffacciarmi alla grandezza dell’universo quantico. Un ennesimo lavoro straordinario, che ha l’unico difetto di lasciarmi profondamente turbato per giorni data l’ingenuità con cui l’autore ci sbatte in faccia la nostra fragilità e la nostra piccolezza. Per usare le sue stesse parole, ho trovato pagine che mi hanno fatto battere il cuore.