Dave Eggers – La parata

“Lo vedi?” disse Nove. “Aspettano che finiamo la strada? Lo capisci? È una specie di parata prima della vera parata. È una parata di speranza. Una processione di desiderio. L’istante in cui finiamo, il loro mondo si catapulta nel ventunesimo secolo. Commercio, cure mediche, accesso ai servizi del governo, informazione, istruzione, parenti, elettricità e il porto del Nord.”

DUE PAROLE

Due uomini, identificati con un anonimo numero cardinale, vengono inviati in un territorio altrettanto non precisato, ma decisamente rurale, per occuparsi di un lavoro tanto complicato quanto prestigioso: l’asfaltatura stradale di un lungo percorso che conduce alla capitale dello stato sesso, sulla quale verrà realizzata, a lavori terminati, una fantomatica parata. Eggers precipita il lettore con maestria in un luogo imprecisato e misterioso. Tesse lentamente un registro narrativo di tensione e angoscia conoscitiva. Il lettore è condotto al lento passo dell’asfaltatrice RS-80 in una misteriosa ricerca di significato. I protagonisti del racconto sono uniti da una simbiotica contrapposizione di caratteri. Quattro, dotato di esperienza e inflessibile disciplina, ha come unico obiettivo il realizzare il suo operato prima del tempo. Alla guida del macchinario aziendale che bituma le incivili e polverose lande rurali, si sforza nel mantenere un ruolino di marcia impeccabile, per giunta d’anticipo, e si attiene ferreamente al protocollo. Nove invece, dedicato alla ricognizione del percorso da asfaltare, a bordo del suo quad, si abbandona alla curiosità e ai piaceri. Senza prestare troppa attenzione ai dettami del buon senso, porta infatti la coppia in una serie di guai, sempre più grossi, fino a rischiare di rimettere seriamente la propria stessa vita. In questo scontate altalenare di eventi, i due protagonisti percorrono un territorio inesplorato, sconosciuto. Un paese cui il lettore non è dato sapere molto. Si evince, infatti, che si tratti di un luogo decisamente non civilizzato, non occidentale, dilaniato da una guerra intestina e barbara, che oltre ad avere messo in ginocchio la popolazione, ha creato varie fazioni contrapposte all’interno dello stesso, che ancora si danno battaglia. Il solco lasciato dal progresso è netto. Una striscia nera e compatta, rettilinea, bollente, impeccabile. Un tratto di pennarello incancellabile, permanente, profondo. Il libro è costruito meravigliosamente per consentire al guidatore, Nove, il razionale, di immergersi nella comprensione della cultura locale. Nonostante ciò si allontani quanto più dal suo modo di agire e pensare, egli è costretto a dover avere a che fare con i locali. Ovviamente, nonostante un’altissima diffidenza, si accorge della bontà d’animo degli stessi e delle purezza di sentimenti di quelle persone che, tanto più subiscono angherie e oscenità, tanto più riescono a far brillare la purezza del loro animo. È soltanto nella pagine finali del romanzo che la tensione si risolve a favore del messaggio più alto del testo. Terminata l’opera di civilizzazione, o presunta tale, si capisce, in un sol colpo, gelido e immediato, il significato del titolo e il senso del testo. La lunga strada che gli ingenui credevano predisposta allo sviluppo del commercio, delle cure, delle assistenze e dei trasporti, è altresì utilizzata per la misteriosa parata. Una mattanza militare che falcidia tutte le persone ivi raccolte a celebrare la fine dei lavori di asfaltatura, probabilmente ribelli dell’attuale regime. Un romanzo crudo e potente, dalle sfumature kafkiane di ambiguità, e dalla solita retorica che anche il mio amico Michele ha giustamente sottolineato: in Eggers tutto parte dal bene per trasformarsi necessariamente in male. Il mostro incontrollabile nascosto nell’entusiasmo del progresso (vedasi Frenkestein) è sempre in agguato.