Ho detto in prima battuta come viaggiare sia il miraggio di un ritorno all’infanzia causato dalla solitudine. Mi è molto più difficile descrivere quel meccanismo di riallaccio della maturità e dei doveri, anche minuscoli, che incombono ogni giorno su di noi. Persino adesso, quando abbiamo deciso di girare la macchina e tornare a casa prematuramente, non trovo una cagione migliore del rispetto di affetti ed incombenze per giustificare al diario la scelta. Dopo una notte a Gherta Mica per restituire la macchina, siamo su un’altra vettura che punta verso l’Italia. Nel mezzogiorno, quasi senza accorgerci, pranziamo in centro a Budapest. Lasciamo alle spalle la capitale rumena, ultima nostra tappa inespressa, e quatto giorni di parole non dette che mi piace comunque poter pensare di conservare come scatole vuote. Durante il lungo tragitto, tra frontiere e cartelli stradali di benvenuto, ricevo anche un’ulteriore distacco da quel mondo infantile che aleggia intorno al mio io viaggiatore. Come ogni pensiero da bambino, portava con se molti sogni e molta incoscienza, ma da ora è serenamente giunto il momento di non rammaricarsi. Provo a distrarmi. Riordinando i pensieri mi accorgo di aver una scatola in più. È piena degli appunti di viaggio del mio taccuino. È zeppa di nuove destinazioni, permanenti o meno. È satura di dettagli. Ci trovo il campeggiatore di Bologa in completa solitudine intento ad accedere il fuoco, il bambino di dieci anni di Bistrita che fumava sigarette al tavolo dei grandi, la reggia dello zingaro di Certeze dall’aspetto e dalle dimensioni pacchiane e colossali, ci trovo la moda degli uomini chiatti del Maramures di alzare la maglia fin sopra la tonda pancia, gli scolapiatti dei zigani che appendono le padelle a rami piantati fuori dalle tende, la via di pali luminosi, custodi ognuno di enormi nidi di cicogne, ci rivedo la signora con gli occhiali spezzati in più punti seduta accanto a me sul primo volo, i sandali bianchi di suo marito e lo smalto sbavato della hostess che ci serviva. Insomma una scatola piena di personaggi e luoghi cui potrei dedicare un racconto ciascuno. Potrei dedicarvi la mia fantasia. Potrei dedicarvi le parole, sempre più affascinanti della realtà. Ora però i bagagli sono già stivati e noi veleggiamo a sud. Allora addio Romania, non mi arrogo l’insolenza di dirti conosciuta dopo soli venti giorni di viaggio, ma da buon navigatore, seppur superficialmente, posso dire d’averti vista e solcata. E come tale di averti anche un po’ capita.