Federigo Tozzi – A occhi chiusi

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Ghisola riuscì presto di casa: s’era tolto il nastro, aveva cambiato le scarpe, mettendosi un grembiule rosso sbiadito. Alzò gli occhi verso Pietro, seria e muta; ed entrò in capanna dimenandosi tutta. Pose dentro una cesta il fieno già falciato dal nonno; poi smise, per levarsi una sverza da un dito. Egli si sentì uguale a quella mano. E il silenzio di lei, inspiegabile, lo imbarazzò; e non sarebbe stato capace a parlare per primo. Perciò le dette una spinta, ma lieve; ed ella, fingendo d’essere stata per cadere, lo guardò accigliata.
Egli disse:
“Quest’altra volta ti butto in terra da vero!”
“Ci si provi!”
Quand’ella voleva, la sua voce diveniva dura e aspra, strillava come una gallina. Allora egli la guardò con dispetto, sentendo che le doveva obbedire. Per solito, mentre parla, non si sente il suono della voce di chi si ama; o almeno, non si potrebbe descrivere.
Ella aggiunse:
“Vada via”.
Egli provava lo stesso effetto di quando siamo sotto l’acqua e non si possono tenere gli occhi aperti; ma rispose:
“Ghisola, tu mi dicesti un mese fa che mi volevi bene. Non te ne ricordi? Io me ne ricordo, e ti voglio bene”.

 

DUE PAROLE

Gli occhi chiusi non sono, come nello stralcio riportato, una condizione di ascolto ed emozione, bensì una piaga che colpisce tutti i protagonisti del romanzo. La cecità, l’incapacità di comprensione della propria situazione e dell’altrui ragione, è una gabbia dalla quale nessuno riesce, non solo nel romanzo, a sfuggire. I personaggi chiave del romanzo sono tre. Domenico, padre burbero e proprietario terriero che cresce il figlioletto orfano di madre con ostinata intransigenza; Pietro, il figlioletto stesso, destinato a cogliere i frutti del duro lavoro paterno e la sua eredità, costantemente insicuro del proprio futuro, privo di determinazione e volontà, si lascia trascinare dagli obiettivi mutevoli che gli passano sopra la testa. L’unica convinzione costante che persegue per l’intero romanzo è l’amore per Ghisola, le grezza contadina con la quale cresce accanto fin dall’adolescenza. Purtroppo, la moralità di quest’ultima è tutt’altro che ferrea. La giovane, preda di costante indecisione femminile e irrinunciabile debole alla voluttà, si abbandona ai piaceri della carne al soldo di uomini più potenti e maturi, lasciando intendere, fino alla prova incontrovertibile, la sua candida innocenza e ingenuità al povero innamorato, determinato nel volerla sposare ancora illibata.
Ognuno di essi viaggia su binari paralleli e mai tangenti. La vicinanza è sempre solo fisica, mai intellettuale. Nel buio, ad occhi chiusi, vivono tutti. Non solo gli ottusi convinti (come il padre), ma anche gli inesauribili ricercatori (Pietro) e i soccombenti (Ghisola). Un romanzo potentissimo, che evoca il disincanto  e persegue una linea dove la bugia sfiora quasi la giustificazione dell’incomprensione. Notevole anche come la prosa di Tozzi sembri anticipare quella incisiva ruralità resa poi fiabesca (e forse famosa) nei romanzi di Pavese.

 

INFO UTILI

155 pagine, 3 ore e mezza di lettura circa