Franz Kafka – Quaderni in ottavo

Debolezza della memoria intorno ai particolari e alla struttura della propria concezione del mondo: pessimo segno. Solo frammenti di un tutto. Come vuoi anche solo sfiorare il tuo compito supremo, come vuoi anche solo intuirne la vicinanza, anche solo sognarne l’esistenza, anche solo invocarne il sogno, anche solo osare d’imparare le lettere che compongono l’invocazione, se non sei in grado di concentrarti a tal punto che, quando sarà il momento decisivo, tu possa stringere il tutto nella tua mano come si stringe un sasso da scagliare, un coltello per macellare?

DUE PAROLE

Quaderni in ottavo, stesi fra il 1917 e il 1919, copio il testo in calce al manoscritto, vergati poco prima di comporre “lettera al padre”. Raccolti, ovviamente, da Max Brod, riportano, cito ancora il testo in calce, “otto fascicoli turchini, del tipo usato dagli studenti di ginnasio dell’impero austroungarico; servivano soprattutto a registrare su due colonne liste di vocaboli di una lingua antica o straniera con la relativa traduzione”. Kafka ci annota aforismi (se aforismi si possono chiamare), idee, lacerti, abbozzi, pensieri, stati d’animo (“14 Gennaio. Tetro, fiacco, impaziente”). Una sorta di diario, di libretto degli appunti. Insieme alle letture epistolari, un ottimo modo per comprendere la profondità e la malinconia oscura di questo grande genio decadente della letteratura.