Michele Mari – Di bestia in bestia

So che non dovrei essere io a dirvelo, perché in questi anni mi sono abituato ad accettare cose che in Europa non avrei nemmeno ritenuto possibili, ma insomma, io penso che alla fine sia solo una questione di elasticità. Se partite dal presupposto che tutto quello che può verificarsi in un certo luogo… in ogni luogo… è sempre un momento di cultura… e che del resto cultura è soprattutto saper conoscere ciò che è diverso… anche le cose allora… le cose che non vi piacciono diventano cultura… diventano leggere… leggerissime… dopo un po’ non esistono più cose… solo cose sapute, pensieri… pensieri scritti… dopo un po’ non esistono che libri, è bellissimo accorgersene, solo libri, una traduzione sublime… allora diventa leggero anche il cuore, e si accettano molte più cose… si accetta tutto… si è già accettato tutto.

 

DUE PAROLE

In un impianto narrativo che omaggia (o copia?) il Dracula di Bram Stoker e richiama costantemente moltissimi altri classici dove le “bestie” sono diventate antonomasia di una particolare condizione umana (si aggiunga alla lista il mostro del Frankenstein, il bipolarismo del Dr. Jeckyll e del Dorian Gray, o ancora la scissione in due metà opposte del Visconte Medardo di Calvino, e via dicendo) Michele Mari racconta di un viaggio in una terra remota, compiuto a fini culturali.
Anfitrione del sinistro e desolato castello nel quale la comitiva viene ospitata, è l’acculturatissimo Osmoc, personaggio che, non solo per le sue origini esotiche, sembra nascondere parecchi segreti. Si svelerà ben presto, e in maniera scarsamente originale, come il suo doppelgänger, il gemello cattivo Osac, ne incarni l’antitesi. Come due parti di una stessa medaglia, come lo yin e lo yang, i due gemelli convivono odiandosi, e infine uccidendosi. Nella tragedia che si consuma sul finire dell’opera, nella quale entrambi soccombono, cade l’essenzialità duale della loro vita. L’una dedicata interamente alla cultura (l’ossessione ai libri e alle citazioni), l’altra alla più carnale ignoranza. Una lettura difficile, ricercata (fra l’altro amputata e rivista in una seconda fase di editing) nel quale l’autore, allora giovane e inesperto, cadde nella stessa trappola in cui tutti gli aspirant scrittori incombono. Dimostrare al mondo il proprio nozionismo che, purtroppo, non è mai né unico né originale.

 

INFO UTILI

220 pagine, 4 ore e mezza di lettura circa.

In copertina, un estratto del Codex Seraphinianus