
Questo libro viene un po’ fuori dall’idea che sarebbe forse sensato fare un libro composto da racconti semplicissimi che raccontano le cose che non sono successe a uno straniero posseduto dalla letteratura e dalla cultura russa, e i giri, e le avventure, e le guerre che ha visto, e vissuto, e percorso in virtù di questa possessione, e quello straniero sono io e questo libro parla dei miei trent’anni di commerci con la Russia, e con la sua lingua, e mi sembra, e adesso io non so come è venuto, lo devo ancora rileggere, ma mi è sembrato, quando l’ho cominciato, che potesse essere un libro sensato per una serie di motivi, tra i quali il fatto che su dei filobus di Leningrado io ho cullato la mia solitudine c on una tenerezza alla quale solo in Russia ho avuto accesso, e che gli incubi che ho fatto in Russia son stati più incubi che in qualsiasi altra parte del mondo in cui abbi dormito, e che il bere, in Russia, è stato più bere di quel che è stato il bere in Italia, così come una biblioteca, in Russia, come la biblioteca Lenin di Mosca, o la biblioteca pubblica di Pietroburgo, è più biblioteca delle biblioteche italiane, secondo me, ma io sono di parte, credo.
DUE PAROLE
L’elogio di una nazione, la personale descrizione del rapporto fra Nori e la Russia, con la sua letteratura e i suoi stereotipi. Un libro a metà fra gli appunti di viaggio, un diario dei ricordi, e un’ode a un paese che, più di un territorio è stata (credo si possa usare il passato, ormai) un’idea e un modo di vivere.