E se le cose fossero andate in un altro modo? Se in un momento cruciale avessero preso un corso diverso? Oppure la storia è determinata da fattori che superano il potere umano di esercitare la libera volontà e fare vere scelte, così che dai primordi Napoleone era destinato alla sconfitta di Waterloo, l’Inghilterra a quella di Saratoga, e i menscevichi a perdere coi bolscevichi nel 1917? Si può mai imparare dalla storia? Era inevitabile il fallimento del socialismo nella nostra epoca? Avrebbe potuto avere successo in condizioni diverse, sotto diverse guide? Potrà avere successo in futuro? E se la storia fosse una scienza sperimentale in cui, senza ricorrere a un’immaginaria macchina del tempo, si potesse riportare il passato a qualche bivio degli eventi e alterare dati e condizioni per studiare un risultato diverso?
DUE PAROLE
L’ucronia della vittoria socialista sul mondo viene partorita da un super computer che la fa a sua volta raccontare, in forma di romanzo in prima persona, a Re Giorgio Akhbar I, nato Ludd, sovrano di un regno intellettualmente granitico, dove le novità tecnologiche vengono fagocitate, nascoste e fin proibite, a favore della causa ugualitaria per l’umanità. Con verve, spiritosaggine e ironia, Lewis si conferma narratore istrionico (ricordiamo, e come dimenticarsi, “il più grande uomo scimmia del pleistocene”), capace però di porre domande poderoso. Nel testo, l’Intpaco, ovvero una fantomatica associazione socio tecnologica composta da ingegneri, tecnici e politici, soprassiede ogni decisione sociale sulla liberalizzazione della tecnologia. Il testo è quindi una riflessione sulle responsabilità della censura, ma anche su quelle funzioni organiche che vengono esercitate dai governi. Ci mostra chiaramente come i regimi di qualsiasi banda, oltre che a limitare arbitrariamente l’indirizzo dell’evoluzione tecnologia, siano anche potenziali corresponsabili di alcuni fallimenti o successi tecnologici. Se è vero che apparteniamo ormai pienamente all’era della tecnica, questo romanzo datato 1990 è stato sicuramente in grado di incasellare un’importantissima questione moderna. Leggerlo come semplice monito o burla al regime socialista sarebbe sicuramente sottostimarlo. Un goliardico e riuscito tentativo di mostrare ai posteri come la vera rivoluzione cruciale sia stata quella tecnologia, piuttosto che quella politica. Nei suoi ideali, scelti, pensati e combattuti, l’uomo ha infine fallito. In quelli ignoti, incontrollati e incontrollabili, come appunto la tecnica, l’uomo ha prosperato. Suddito inconscio di una grande rivoluzione al di là dei suoi più lungimiranti orizzonti.