DAL TESTO
Nella mia casa. Un giorno sarai cieco. Come me. Sarai seduto in qualche luogo, un piccolo pieno perduto nel vuoto, per sempre, nel buio. Come me. Un giorno dirai a te stesso, sono stanco, ho fame, ora mi alzo e mi preparo da mangiare. Ma non ti alzerai. Dirai a te stesso, ho fatto male a sedermi, ma visto che mi sono seduto resterò seduto ancora un poco, poi mi alzerò e mi preparerò da mangiare. Ma non ti alzerai e preparerai da mangiare. Guarderai il muro per un poco, poi dirai a te stesso, ora chiuderò gli occhi, forse dormirò un poco, dopo andrà meglio, e li chiuderai. E quando li riaprirai il muro non ci sarà più. Intorno a te ci sarà il vuoto infinito, tutti i morti di tutti i tempi non basterebbero, risuscitando, a colmarlo, e sarai come un sassolino in mezzo alla steppa. Sì, un giorno saprai cosa vuol dire, sarai come me, solo che tu non avrai nessuno, perché tu non avrai avuto pietà di nessuno e non ci sarà più nessuno di cui aver pietà.
DUE PAROLE
Nella classica aridità scenografica, nell’ostentato rifiuto del superfluo (non solo per l’unico atto della commedia, ma anche per l’incisività delle battute) tre personaggi provano a portare in scena una riflessione, o metafora, della nostra esistenza. In un rapporto edipico proprio del gioco degli scacchi il padre/re Hamm cerca ottusamente di convincere il figlio/pedone Clov. La cecità, ancor più del non senso, regola ogni tipo di risposta. Solitudine, dolore, dubbio, sono la nostra piccola stanza dove viviamo e mettiamo in scena la nostra tragedia. Il nostro stesso mondo che, ostinatamente, non vogliamo abbandonare.
INFO UTILI
50 pagine circa, 1 ora scarsa di lettura.
ORIGINI
Samuel Beckett – Finale di partita (Fin de partie) – Einaudi collezione di teatro
(ISBN 9788806116880)
Paul Klee – Burdened children