Sibilla Aleramo, Dino Campana – Un viaggio chiamato amore

Perché non ho baciato le tue ginocchia?
Avrei voluto fermare quell’automobile giù per la costa, tornare al Barco a piedi, nella notte, che c’è il tuo petto per questa bambina stanca.Tornare. Come una bambina, questa del ritratto a dieci anni. Non quella che t’ha portato tanto peso di storie di memorie affannose, che t’ha parlato come se stesse ancora continuando il suo povero viaggio disperato, come se non ti vedesse, quasi, e non vedesse lo spazio intorno, la quercia ,l’acqua, il regno mitico del vento dell’anima… Tu che tacevi o soltanto dicevi la tua gioia. Sentivi che la visione di grandezza e di forza si sarebbe creata in me non appena io fossi partita? Nella tua luce d’oro. E non ho baciato le tue ginocchia.

 

Cara Sibilla,
Oggi faccio frasi: ossia: il mondo un deserto senza di te, oppure che cosa devo fare della mia verginità, oppure mi contenterei di vdeerti di abitare nell ostesso paese perché il mondo è ecc- Sibilla ti supplico, ti ho amato lo sai, ti assicuro ti giuro che non posso vivere così, tu non puoi privarmi della tua presenza, non posso vivere senza vederti, senza saperti. Ti giuro che non domando neppure il tuo saluto, sarò la tua ombra nella vita se vuoi, per morire posso essere senza di te. Ti ho adorato tanto questi mesi in mezzo al mio tormento mentre credevo di morire. Ma lassù c’era il ghiaccio e il silenzio, tu mi avresti dopo ritrovato puro dopo tutto il silenzio di tutte le cose. Sibilla perdono, per te sola ho fatto tutto. Non mi offendere, sarò il tuo amico silenzioso, non domando la gioia, voglio solo vederti. Farò tutto quello che mi comandi. Sibilla perché vuoi che muoia così lontano da te?

DUE PAROLE

Il titolo scelto per la raccolta di questo scambio epistolare durato due anni è preso da una poesia dello stesso Campana, precisamente da “In un momento”; il verso recita “erano le sue rose/erano le mie rose/ questo viaggio chiamavamo amore / col nostro sangue / e con le nostre lacrime / facevamo le rose”, che ai miei occhi è sembrato in primo acchito un po’ mieloso, ma che in realtà rivela la turbinosa essenza delle relazione tra i due protagonisti, visto che, a fronte di tutte le svolte contorte che la loro relazione ha avuto, di viaggio effettivamente si tratta. La lettura evidenzia l’instabilità emotiva e psicologia del poeta Campana, e ben rende la sua esistenza travagliata, dentro e fuori i riformatori per malati mentali, dentro e fuori i suoi sentimenti. Una sorta di maledizione accompagna entrambi gli amanti, assoggettati ai relativi lati oscuri. Sibilla (Rina Faccio) con la sua promiscuità, un po’ santa un po’ puttana. Dino con l’impetuoso dualismo di una mente spesso dissociata, nei suoi salti altalenanti fra l’amore e la violenza. Il grande valore di questa lettura sta nella sua autenticità. A differenza di romanzi epistolari (“che tu sia per me il coltello”, “il dolori del giovane Werther” o le “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, per citarne alcuni) non esiste alcuna invenzione narrativa. Le lettere (spesso cartoline, o telegrammi) sono certosinamente documentate della redattrice del libro. La ricostruzione è fedele, storica. Testimonianza di un amore troppo grande, troppo passionale per poter essere dominato da sentimenti privi di redini.

 

INFO UTILI

Feltrinelli editore 9788807490064