Vladimir Sorokin – La coda

SI PREGA DI NON RUMOREGGIARE! QUESTI COMPAGNI HANNO IL DIRITTO DI OTTENERE LE MERCI FUORI CODA. DUNQUE, NON RUMOREGGIATE, STATE CALMI IN CODA!
Come sarebbe?
Ma quelli chi sono?
Che porcheria è questa?
E noi chi siamo?
VI PREGO DI NON RUMOREGGIARE E DI MANTENERE L’ORDINE! I COMPAGNI GIUNTI CON GLI AUTOBUS HANNO IL DIRITTO DI FARE ACQUISTI FUORI CODA!
E noi?
Perché loro hanno diritto?
Anch’io ho diritto!
Razza di sfrontati!
Si è stati in coda, si è stati, e toh!
Che infamia!
RIPETO PER LA TERZA VOLTA! ESSI HANNO IL DIRITTO DI FARE ACQUISTI SENZA CODA! VI PREGO DI NON RUMOREGGIARE! MANTENETE L’ORDINE ALTRIMENTI VI ELIMINERO’ DALLA CODA!
Capito? Proprio a noi ci eliminano. Idiota…

 

 

DUE PAROLE

Nonostante la difficoltà di lettura data dallo sviluppo in forma di dialogo, nonostante la mia evidente lontananza e incomprensione della cultura popolare russa, ho trovato “La coda” una lettura di interesse. Sopra le righe (di moltissimo) ma a suo modo brillante. Lo dico per due motivi, il primo perché rimasi lievemente deluso da una precedente lettura di Sorokin, il secondo per l’ancor più ovvia tendenza al castrare il provocatorio (e qui scrivendolo mi sono accorto di esser in qualche modo invecchiato, di essere meno tollerante, sia nella vita che nella fruizione di qualsiasi forma d’arte). Nonostante questi grossi ostacoli, dicevo, ho trovato il testo di Sorokin interessante. Il forte senso di spaesamento dato da un racconto privo di ogni forma descrittiva (direi persino privo di racconto stesso) aiuta il lettore ad immedesimarsi nelle piccole entità che compongono la coda medesima. Notevole inoltre, per quanto semplice, lo sviluppo visivo (specialmente in alcune pagine) dei dialoghi-elenchi che trasformano il testo stesso in un’altra coda. E non c’è molto altro oltre a queste ingombranti metafore, ad essere sinceri. L’angoscia del cittadino della grande patria, l’oppressione dello sconosciuto, la vessazione dei poveri e degli indifesi, degli ultimi, la misticità della macchina burocratica e organizzativa, lo spauracchio del regime. Questa la dicotomia più bella: il tempo perso e speso nei meandri sterili della burocrazia che si confronta con la procacità, voracità ed insaziabile benevolenza d che appaiono nei tratti materni di ogni enorme macchina statale.