Carlos Fuentes – Aura


Allunghi le mani e incontri l’altro corpo, nudo, che in questo stesso momento agiterà lievemente la chiavetta che riconosci, e con essa la donna che ti si sdraia sopra, che ti bacia, che ti ricopre il corpo di baci. Non puoi vederla nell’oscurità della notte senza stelle, però senti nei suoi capelli il profumo delle piante del patio, senti sulle sue braccia la pelle delicatissima e ansiosa, tocchi nei suoi seni il fiore intricato delle vene sensibili, la baci di nuovo e non le chiedi parole.
Quando ti liberi, esausto, dall’abbraccio, senti il suo primo mormorio: “Sei il mio sposo”. Annuisci: lei ti dirà che si sta facendo giorno; ti saluterà dicendo che ti aspetta stanotte in camera sua. Annuisci di nuovo, prima di precipitare nel sonno, alleviato, leggero, svuotato dal piacere, trattenendo sulle tue dita il corpo di Aura, il suo tremito, il suo dono: la giovane Aura.

DUE PAROLE

In un contesto mistico, sognante, il protagonista del romanzo, il giovane Felipe Montero, viene ingaggiato da una solitaria e anziana signora a nome Consuelo con il compito di trascrivere le memorie del defunto coniuge. Aiutato da un testo scritto in seconda persone singolare, direttamente rivolto al lettore e allo sviluppo futuro, inconsistente, del tempo, l’autore racconta come il giovane incontri e si getti anima e corpo in una relazione passionale con la giovane donna che alberga la casa insieme a Consuelo, la bella Aura. Omen nomen. Le donne trascinano Montero in un onirica dimensione fra il sogno, la morte e l’amore. Un romanzo brevissimo, evocativo, che pone l’uomo davanti alla trappola del tempo e all’inganno psicologico di come quest’ultimo debba conciliare l’amore con la sua libertà e il suo inesorabile estinguersi.