
Non c’era più dubbio: Hitler conferiva a Parigi un ruolo strategico. Restava solo da sapere in che modo Choltitz intendesse eseguire gli ordini che aveva ricevuto personalmente dal Fuhrer. Avrebbe ripreso l’allestimento della Linea Boineburg per difendere Parigi dall’esterno? o si disponeva invece a fare della stessa Parigi un campo di battaglia? Più tardi, nel corso di un drammatico colloquio a quattr’ occhi, Boineburg, ancora ossessionato dal ricordo di Stalingrado, scongiurò il suo successore “di non intraprendere nulla che potesse causare a Parigi distruzioni irreparabili”. Ma a queste parole il viso di Choltitz rimase impenetrabile, come quello del Budda panciuto che troneggiava sul marmo del caminetto non lontano dal ritratto del Fuhrer. Poco prima della mezzanotte all’attendente che lo aspettava nel vestibolo, Dietrich von Choltitz diede il suo primo ordine come comandante di Parigi: «Mayer, fammi preparare una camera all’hotel Meurice». E, volgendosi a Boineburg per congedarsi, aggiunse con una punta di sarcasmo: «Per le giornate che mi attendono avrò bisogno di un posto di combattimento più che di una casa» Quando il rombo della Horch si fu dileguato nella notte, Wilhelm von Boineburg, prendendo il braccio del suo giovane aiutante, mormorò con un sospiro- «I bei giorni di Parigi sono proprio finiti, Arnim…»
DUE PAROLE
L’incarico assegnato dal Fuhrer al generale Choltitz è dei più categorici. Parigi ad ogni costo. Il romanzo sviluppa i giorni della liberazione di Parigi con la capitale francese ancora contesa alle forze naziste che vogliono in ogni modo evitare la perdita di un ganglio strategico fondamentale per i destini dell’Europa del ’44. Come spesso accade, gli schieramenti però non si dividono nella semplice etichetta di cattivi contro buoni o vincenti contro perdenti. La resistenza francese stessa è infatti scavata fra la rivalità fratricida di francesi comunisti e francesi gollisti. A dovere o volere bruciare è dunque un mondo, un’ideologia, un popolo. Parigi si erge a centro del mondo e dei destini (ne sapete qualcosa se arrivate della lettura di Stalingrado). In una formula già molto apprezzata di ricostruzione storica in forma romanzata, i due autori ripercorrono l’arrivo del 25 agosto 1944 dando voce non solo alle cronache ma anche ai colori, ai pensieri e alle speranza degli uomini che vi hanno partecipato.