Sto leggendo un libro su Capablanca, Jose Raul Cabablanca, e mentre nel testo Pins saltando dice la parola “rovesciata”, contemporaneamente, nel testo, incrocio la parola “rovesciata”. Son singolarità che mi piacciono e che dimostrano, a mio avviso, che in qualche modo il mondo è perfetto e la realtà lo è di meno. Nel senso che potrebbe essere un’insieme di realtà infinite che si attraversano l’una con l’altra oppure che un essere superiore esista e si diverta a fare comparire questi segni nascosti a chi ha voglia di notarli. Più semplicemente è una coincidenza. E sebben questa rientri nella sfera delle cose non sensazionali e sia ben meno affascinante o misteriosa delle altre proposte, appartiene egualmente alla mia sfera di solletico dello stupore. Della giornata odierna non ho molto da dire, abbiamo passato ore in fila ad aspettare un’iniezione di adrenalina con la tanto amata forza di gravità. Nel parco divertimenti di Legoland c’è un’effige gigante di Albert Einstein. La sera ci concediamo l’ennesima passeggiata per il centro. Monaco di Baviera è però assai differente dalle più tranquille cittadine visitate nei giorni precedenti. Qui si respira un’aria cosmopolita e un clima più mediterraneo, oserei dire. Dopo una pizza al fianco del palazzo comunale il rientro è costellato da multiculturalità, gioventù, sigarette, sorrisi e bevande. Il giorno successivo l’obiettivo è molto semplice: visita al tempio del calcio Allianz Arena. Ora devo dire una cosa sulla visita guidata allo stadio, fra tutte le cose kitsch, commerciali e nazional-popolari, questa è una di quelle che mi è piaciuta di più. Mi è piaciuta perché, spesso, quando si visita qualcosa di storico c’è sempre una certa distanza ad immaginare e immedesimarsi in quel preciso contesto. Faccio un esempio: quando siamo stati all’Obersalzberg arrivavo con folta documentazione letteraria e fotografica, eppure sapevo che quasi un centinaio di anni mi separavano da quella dimensione, da quella realtà. Camminare nel tunnel dello stadio del Bayern Monaco al suono dell’inno di champions league, visitare sala stampa e spogliatoi è stato invece più reale, sebbene molto più effimero e vacuo, perché quella dimensione appartiene al mio presente. Se culturalmente, dunque, questo è stato il punto più basso, è sul contraltare della pura emozione per quanto riguarda il piacere e l’interesse della visita. Mi è sembrato infine un posto meraviglioso in quanto in grado di contenere (nel vero senso della parola) classi sociali e culturalità agli antipodi. Dal lavoratore “proletario” (che senso ha oggi questa parola) al ricco uomo d’affari. La guida lo ha spiegato bene. Tutti i biglietti dello stadio vanno da un minimo di 15 euro a un massimo di 80. La curva non ha sedili, si sta in piedi e si urla. Una zona limitata ha posti molto costosi per fare business. Motivo per cui non è possibile comprare un sedile solo, ma sempre e soltanto 2 poiché da soli non si può fare business. Infine gli sky-box affittati e aperti 24h su 24 dove le aziende posso andare a lavorare. E’ un modello caleidoscopico che mi affascina e che cerca il connubio fra il ricco e il povero. Tutti i posti sono sold-out. Il modello dunque funziona. Lasciato lo stadio torniamo in camera a riposare perché sappiamo che ci attende il tempio finale: l’Augustiner Stammhaus. Mi abbandono ai piaceri della tavola e in poco, pochissimo tempo ho già trangugiato 4 birrone. E’ il tributo finale, il saluto che ci voleva, cornice perfetta di questa bella vacanza.
Germania 2025
25/8/25 – Ulm
La visione di otto piani di libri incastonati in cornice completamente bianca e sorvegliati dal regale silenzio che aleggia in ogni biblioteca è molto simile a quello che mi aspetterei da un angolo di paradiso. Certo con meno libri in tedesco. La Stadtbibliothek è un edificio meraviglioso, monumento alla cultura nella sua austerità, semplicità e accessibilità. Ci concediamo una sontuosa colazione all’ultimo piano, mentre I bambini mangiano ne approfitto per dare un occhio in giro. Al quinto piano c’è la sezione letteratura straniera e gli scaffali spagnoli e francesi sono più popolati di quelli italiani. Mi soffermo anche sulla modestissima collezione croata, provo a tradurre qualche titolo e la mia autostima aleggia fra l’entusiasmo e la completa disfatta. Dopo un giro al centro commerciale (dove sento fortissimi gli odori dell’Asia) partiamo verso Ulm. Ulm è una città divisa in due dal Danubio (sempre blu). Il nostro appartamento sta sulla sponda cattiva e prima di cenare usciamo per una passeggiata perlustrativa e per spostarci nel lato giusto del fiume. Quello vecchio, quello non distrutto durante la guerra e dove ancora si trovano le cose più interessanti… come la cattedrale con il suo campanile più alto al mondo. Ulm nome bellissimo, corto efficace affascinante. È la città che diede i natali al genio per eccellenza, Einstein. Ceniamo passeggiando angustiner e il rientro è una piacevole passeggiata lungo fiume. Con un clima mite, quasi fresco per i nostri gusti. Il silenzio e la calma osteggiate solo dal rumore delle biciclette che ci passano vicino. Ora devo staccare, tutto il resto della famiglia vuole vedere giocare l’Udinese.
24/8/25 – Stuttgard
Lasciamo il camping e ci sembra di aver riposato come non mai. Le giornate sono passate a leggere e oziare mentre i bambini intrattenevano incontri di calcio internazionali facendosi dare direzioni e istruzioni da bambini tedeschi. Prima di dirigerci verso Stoccarda (ho detto una falsità quando dicevo che avevamo già iniziato il nostro rientro ad est) ci fermiamo a visitare il parco naturale di Baum wipfel pfad e camminiamo letteralmente sulle cime degli alberi della foresta nera su una passerella che si attorciglia a spirale fino a regalare una visione mozzafiato di tutta la foresta circostante. Scendiamo con uno scivolo di 55 metri e ci concediamo ancora qualche ora di gioco nel parco giochi sottostante. Stuttgard ci accoglie con la sua animosità. È una città industriale, produttiva, agitata. Le grandi case automobilistiche sono nate qui e l’operosità dei suoi abitanti si riflette in uno scenario che non ha la bellezza delle cittadine storiche, bensì il fascino delle grandi città. Dopo aver fatto ingresso in hotel arriviamo a schlossplatz con la metropolitana. La grande piazza, ampissima, è dominata dal brulicare degli abitanti e dal grande palazzo che si staglia di fronte a noi. L’effetto è ancora più imponente grazie al fatto che Stoccarda si trova all’interno di un buco nelle valli. Nacque come città del vino, e solo dopo si evolvè in ambiti differenti. La cornice del suo cuore pulsante è quindi un lungo insieme di vigne (a volte di quello che ne è rimasto). Siamo molto contenti quando scopriamo che una sagra del vino è in corso. Ci sediamo ad assaggiare qualcosa e finiamo per essere fagocitati dalla festa. I calici sono serviti a tagli di un quarto di litro a bicchiere e questo compromette la nostra cena e la nostra sobrietà. Non certo la nostra felicità.
22-23/8/25 – Bad Waldbad
Osserviamo i lupi che girano come una coppia di gendarmi in perlustrazione. Al continuo incessante trotto per scandagliare ogni angolo. Un signore taglia l’erba nella loro gabbia, nel loro sontuoso reconto. I lupi trottano, gli si avvicinano alle spalle, giunti a tre metri tornano indietro, incessantemente. Rimango incantato dalla meticolosità con cui la lontra si prende cura della sua pelliccia. A volte usando contemporaneamente bocca e mano nello stesso punto, quasi come una veterana del sesso. Sostiamo ad un penny market dove ho modo di usare il mio coltellino svizzero, di cui vado estremamente fiero, per tagliere del pane e nel cielo vedo uno zeppelin. È la prima volta che ne vedo uno vero dal vivo. Mi ricorda la prima volta che vidi correre una giraffa, sembrava muoversi a rallentatore come un piano di un film d’autore, ma la realtà attorno girava alla velocità normale. Il campeggio che ci ospita è la cosa più tedesca che abbia mai visto. Non ci sono stranieri, se non per un paio di olandesi, e gli ospiti hanno facoltà di piazzare la loro tenda dove vogliono. C’è un ruscelletto, dei piccoli angoli con sabbia e giochi per bambini, una palestra, una piscina, ancora scivoli. Noi alloggiamo in un appartamento gigantesco, siamo le mosche bianche. I bambini sono entusiasti, è un luogo pensato per lasciarli liberi. Lo scivolo della capannetta centrale sarà alto sei metri e bambini biondissimi lo risalgono in senso opposto come salmoni. Io thomas e pins giochiamo a calcio, ci siamo portati il pallone da casa. Le roulotte hanno le ruote così statiche da aver fatto solchi nel terreno. La maggior parte di esse ha anche larghi tendaggi in plastica, che aumentano il volume abitabile.
21/8/25 – Tripsdrill
C’era un bellissimo discorso di Slavoj Žižek su come i water europei riflettessero e rappresentassero benissimo il pensiero politico e filosofico dei propri stati. Frequentando catene internazionali, soggette anch’esse alla globalizzazione, mi sono trovato a riscontrare che purtroppo questa verita stia venendo meno. Non si salva nessuno. I muri del castello di Heidelberg, facciate meravigliose che danno sul niente. Io sono un appassionato di muri fini a se stessi, che non chiudono nulla. Mi son scoperto tale. Al suo interno, la botte di vino più grande al mondo. E un paio di musei. Il museo della famacia tedesca profuma di camomilla. Pranziamo nello stesso posto in cui abbiamo cenato. Nella chiesa di Heiliggeistkirche andiamo a vedere la vetrata rossa che porta le scritte e=mc2 e 06/08/45, la data dello sgancio di “Little boy” su Hiroshima. Heildeberg è una città in cui si respira aria giovane e vivace. È sede importante di università, luogo che porta con sé tradizione di scienza e cultura. Percorriamo su e giù il suo vialone principale lasciandoci soddisfare dal contesto. L’essere al centro delle vallate circostanti le garantisce un’idea di protezione e unicità, come di una perla nel suo guscio. Nel primo pomeriggio ci spostiamo nuovamente e iniziamo quello che a tutti gli effetti è un ritorno a est. Siamo diretti a un grande parco naturale dove dormire in mezzo agli animali e alla natura, ma programmiamo una sosta in un’azienda vinicola. La fortuna ci assiste per due motivi: il primo è logistico, visto che siamo capitati in una zona ideale per questo tipo di sosta senza realmente volerlo. Il secondo è meteorologico, visto che piove quando saliamo in macchina e cessa quando scendiamo. Sorseggiamo riesling, un gewurtztraminer arancione, ottimo, e un pinot grigio, che in germania ho scoperto chiamino: Grauburgunder. Ora appunto queste cose velocemente sapendo che riaggiusterò al rientro in Italia. I bambini si divertono a cibare le bestie. Tocco le corna di un caprone, precisamente di una “pecora du ouessant” detta anche “pecora nana bretone”, son dure e al tempo gommose. Fra poco andiamo a dormire in un vagone di legno. Ce ne sono una dozzina, forse più, sembrano delle carovane con grandi ruote di calesse. Il nostro vagone si chiama Heinrich. Dentro, sul ripiano c’è una copia del nuovo testamento.
20/8/25 – Heidelberg
Ultimi personaggi del libro dei nazisti: Schacht, Speer, Stangl, Hess, Keitel, Rosemberg, Streicher. Spesso, caminando in queste città mi son trovato a pensare “sto camminando dove anche loro hanno messo i piedi”. Mi era già capitato a Firenze, con Dante. E una volta a Gerusalemme, con Cristo. Questa cosa dà umanità a tutti, in fin dei conti son tutte persone che hanno camminato su questa terra. Ci appartengono, son come noi, della nostra specie. L’impronta invisibile che ho calcato è uno iato, un vuoto che milioni – forse miliardi – di altri miei simili hanno calpestato senza lasciare lo stesso segno. Rifacciamo un giro a Rothemburg perché ci sentiamo di volerla ancora vedere. Effettivamente è un posto incantevole, uno di quei luoghi dove si percepisce come si viveva centinaia di anni fa e di che principi fosse fatta la vita del tempo. Dopo un pasto frugale (qualche pezzo di pane acquistato in un forno di paese) ci avviamo ad ovest, verso il confine del Rheinland meridionale. Destinazione Heidelberg, cui arriviamo nel primo pomeriggio. La stanchezza comincia a farsi sentire. Passiamo un paio d’ore in un parco per bambini con piste d’atletica e lunghi pali per arrampicarcisi. Ritiriamo la camera d’hotel (la stessa catena di quello preso a Norimberga) e dopo una rinfrescata ci rechiamo a cenare in centro quasi con gli occhi chiusi così da non rovinarci la sorpresa che ci attende domani.
19/8/25 – Rothemburg ob der Tauber
Io credo in quel sano egoismo che migliora il mondo. Se leggo, non è certo per diventare più intelligente. Semmai per allungarmi la vita, come diceva Eco. Se scrivo non è certo per fare favore agli altri. L’autocompiacimento, in primo luogo. L’infusione di autostima. Il tappare falle della mia memoria trabballante. Il piacere e la vanagloria di leggermi di nuovo. Infine certo, la remota possibilità che voi piccoli leggiate un giorno ciò che fu il presente del vostro papà. Il vostro bellissimo presente. Siete il fulcro e il motore della mia felicità. Le parole non renderanno mai giustizia a questo sentimento. Ma se un giorno, a vostra volta, sarete in simili condizioni di fortuna, potrete allora capire quello che intendo. Non credo ci siano altri motivi per scrivere. Se me ne vengono in mente li appunterò sicuramente. Viaggiare: idem con patate. Un sanissimo egoismo che espande i propri orizzonti. Fine del sermone. Giriamo per Würzburg con un vassoio di 6 donoughts in mano. Avrei pensato molte cose della mia vita ma mai che sarei stato visto come un cameriere deambulante che porta in giro una scatola di pasticcini per una villa barocca, il centro città, una chiesa e via dicendo. L’autostrada verso l’ovest si rivela assai scomoda. Grandi lavori e espansione di corsie. Nella gita sul fiume al mattino ricordo con particolare dolcezza un numero di signori distinti, soli, che si godevano il tragitto guardando il panorama e mangiando i loro adorati wurstel in solitudine. Nel primo pomeriggio lasciamo il Bayern per entrare nel Baden-Württemberg e percorriamo l’incantevole Romantichestrasse vers sud. Prima di cena ci concediamo un piacevole giro perlustrativo a Rothemburg, una perla di incantevole bellezza. Per suggellare la serata siamo a cena nel ristorante che ci consiglia Ivan. Quando arriva il conto, più di 400 euro la malediciamo. Ma era semplicemente sbagliato. Ci eravamo cascati anche a causa delle birre che abbiamo bevuto. Adesso devo lasciare il telefono che i bambini chiedono di vedere il real madrid. 
18/8/25 – Norimberga
L’ingreso della camera dell’hotel di Regensburg ha due porte, una esattamente dietro l’altra, vicinissime come uno strato di torta di cioccolato. Non ha nessun senso, o almeno io non riesco a capirlo. Osservandola, realizzo che sia lo spazio che la parte di legno possono dirsi “porta” e ho difficoltà a descrivere la cosa. Forse il nostro linguaggio non è abbastanza preciso. Più probabilmente non è mai servito a nessuno distinguere le cose con estrema precisione e un artefatto con due ante e un varco possono avermelo suscitato a giusta causa. Regensburg è un gioiello che infatti viene annoverato fra i patrimoni culturali dell’Unesco. Penso fermamente però che sia inutile descrivere il noto, ciò che è visibile a tutti. Per questo parlo delle inezie. è un mondo che più mi si confà, più mi appartiene, e dove ho sicuramente maggior voce in capitolo. Il mondo che osservo è sicuramente diverso da quello che vede qualiasi altra persona, e questo è vero per ogni persona. Dopo un pranzo in un localino new age, di quelli tanto in moda oggi dove ci concediamo un poke-bowl di straordinaria bontà, decidiamo di anticipare la visita a Norimberga perché i traghetti per il sito di Walhalla non ci consentirebbero di arrivare in tempo per cena. Vogliamo ad ogni costo tornare a cenare con stinco i maiale in un posto che già io Je e il nostro amico Giovanni frequentammo di ritorno da un viaggio in Inghilterra. Camminando per Norimberga, le immagini dei palazzi riaccendono memoria altrimenti perse irrimediabilmente nei meandri del mio cervello. I ricordi sono sfocati, si materializzano per insistenza. Ciò non ci impedisci di ritrovare il posto e, dopo una visita al castello, ci fermiamo a soddisfare le nostre voglie. Con i bambini iniziamo un gioco: ogni cane fotografao vale un determinato numero di punti. Vedremo chi ne accumula di più e se avremo la forza di perseverare in questo passatempo. Alcuni padroni sembran ben stizziti dalla violazione di privacy ella loro bestia. Pins dice di aver visto due cani gemelli. Si somigliano molto, c’è da dire. Gli diamo un valore di 50 punti. Scrivere con qualche birra in corpo più del solito non è affatto male, per chi vuol dilettarsi nella scrittura. Lo consiglio.
17/8/25 – Regensburg
Innanzitutto è giusto dire che poi, ieri, i documenti li ho trovati. Il portafogli (che in friuli chiamano taccuino) era ben lì nella mia borsetta. Se non fosse che ho scomodato Angela, la vicina di casa, e Pier per aiutarmi a cercarlo e per poi spedirmelo in chissà che modo non sarebbe nemmeno così male. Ma si sa come sono questi teutonici e io di andare in giro senza documenti e senza flessiibilità non me la sentivo proprio. Vero che ieri al checkin nessuno ha chiesto nulla. Quando Thomas era piccolo, se gli chiedevi quale animale volesse essere lui diceva “io non sono nessun animale, io sono Thomas Nova” e se un compagno di asilo gli diceva “giochiamo, tu fai Capitan America” lui diceva “io non sono Capitan America, sono Thomas Nova”. Allora non mi sento di dargli soprannomi. C’è gente che gli sta bene, immedesimarsi. Altri no. Io devo dire son portato, con la vecchiaia però mi sento meno capace. Non so se è una cosa dell’età o se è legata all’intelligenza. Son convinto che invecchiando si diventa più intelligenti, tendenzialmente si parla meno. La gente che parla non si rende conto che qualcuno, a volte molti, potrebbero anche dar retta. Il consiglio del nostro oste si è rivelato corretto e facciamo il pieno a un prezzo veramente ottimo. Alle 10 circa siamo a Berchtesgaden, pronti ad arrampicarci fino al “Kehlsteinhaus”, il nido dell’aquila. Piove ancora. Decidiamo di salire lo stesso, sebbene ci sia sicuramente la possibillità di tornare in queste zone nel viaggio di rientro. A mio avviso la scetla è corretta perché questo ci consente di non godere a pieno della bellezza del luogo, indubbiamente idilliaco. Un po’ stucchevolmente penso che la coltre di nebbia e bruma sia una patina che vuol coprire le vergogne. Il Dokumentation Obersalzberg spiega bene il perché. Ci concediamo anche una visita nei bunker nazisti, scavati anche da abili mani italiane. Sto accompagnando questo viaggio con alcune letture, una di questa descrive brevemente il profilo e la vita di tutti i più stretti collaboratori di Hitler, quindi le fotografie, i volti e alcuni aneddoti mi sono sinistramente familiari. Lasciato il Berghof torniamo sui nostri passi e a una dozzina di kilometri di distanza visitiamo un luogo incredibile, sicuramente inflazionato e imbellettato dal turismo, ma pur sempre incredibile: sono le miniere di sale di Dürrnberg, “Salzwelden hallstat”. I babmini sono entusiasti. Passiamo il confine austro germanico a circa 200 mt sotto il livello del mare, sotto il suolo, in un cunicolo scavato dai minatori. Le gallerie si snodano per diversi km, non so se tanto quanto i 6,5km di cunicoli di bunker scavati dai nazisti sotto al Berghof. Il fatto che ci vestano con un pigiama di tela e ci conducano al buio in un posto di lavori forzati non è sicuramente difficile da associare ai vicini di casa, non fosse altro che il simbolo della Salzwelden ricorda molto una croce uncinata. Si vede che i teutonici hanno proprio un debole per i simboli con le croci. Nulla toglie alla singolarità dell’eperienza comunque. Ci regalano persino un barattolino di sale. La giornata è stata lunga e soddisfacente. Dopo la miniera abbiamo guidato per tre ore e adesso scrivo da una camera di Regensburg, che in Italia chiamiamo Ratisbona. Ci ha accolto un signore alto, allampanato, con lunghi capelli bianchi, una parlata sommessa e suadente e uno sguardo torvo ma al contempo accogliente. Siamo arrivati con i pupi addormentati, si sveglieranno straniti, in un posto che non conoscono. Chiameranno la mamma impauriti e poi cercheranno il suo calore. Ho proposto di dormire in uno dei loro lettini. Son stanco duro anche io, ma che bello tornare a scrivere prima di dormire.
16/8/25 – Golling
Partiamo da Pradamano alle nove di mattina. Dopo aver controllato piu e piu volte di avere tutto (ho fatto anche una bella lista, ho fatto) mi accorgo di non avere il borsellino, e quindi anche i documenti, quando siamo ormai nei pressi del Millstätter see, a Döbriach. Ci fermiamo a mangiare in un posto singolare, un negozio di souvenir che però offre anche ristorazione. Ci siamo arrivati con un minimo di ritardo sulla tabella di marcia, ma è buona cosa: lo sbaglio ci ha portato per una stretta strada di campagna che di divincolava su un bellissimo paesaggio contadino e collinare d’incantevole fattura. Seduti al tavolo la cameriera, che poi era probabilmene la padrona, inveisce contro una famiglia di avvetori che hanno appena lasciato il posto consumando solo bevande e niente cibo. Lo dice a tutti, anche a noi. Io non capisco, Jessica dice che è proprio indisposta, la signora. Chiedo alla cameriera se c’è un bancomat nei dintorni, siam senza contanti, e lei mi mostra il menu dei piatti caldi. Secondo me non capirsi e dover andare a sentimento, o a gesti, è una cosa meravigliosa. Non fossi che sono disperato per la storia dei documenti sarei già ampiamente in clima vacanza. Poi inizia a piovere. Prendiamo l’auto e ci rechiamo in una cava di granato, un minerale rosso che, nella roccia, si presenta a forma di palline come il cioccolato nella stracciatella. Ci danno caschetto, occhiali e picchetto e ci invitano ad estrarne a piacimento. Il risultato è divertente, con un po’ di pazienza e un briciolo di fotuna ho ricavato un estratto a forma di goccia grande quanto un ribes. Mi rimetto alla guida e andiamo verso nord, verso Salisburgo, ma pian piano ci assalgono i sensi di colpa. Non posso mica guidare senza patente, e se mi arrestano? Così l’ultima ora di guida la fa Je. Arriviamo a Golling, è il posto dove dormiremo e dove ora sono qui a scrivere coi pupi che guardano una partita di football americano alla tv. Il gestore del posto mi ha detto di far benzina prima di mezzogiorno. Di mattino la benzina in Austria costa meno che al pomeriggio. Per esattezza il nome del paese è Gollin an der Salzach. Prima di cena abbiamo fatto una passeggiata, siamo andati fino alla chiesa, è un posto veramente piccolo, carino però. Nel cortile della chiesa c’è un cimitero. Pins mi dice “papà ho visto un morto”. Una foto s’intende. Thomas confera che è la prima volta che va per cimiteri. A cena giochiamo a carte, quando chiediamo il conto ci portano dei chupa chupa quadrati. Domani mattina dovremmo andare a visitare il nido dell’aquila, la casa di Hitler. Io i chupa chupa quadrati non li avevo mai visti.