
Essere vissuti da sempre con la nostalgia di coincidere con qualcosa, senza, a dire il vero, sapere che cosa… è agevole passare dal non credere al credere, o inversamente. Ma a che convertirsi, e che mai abiurare, immersi in una lucidità cronica? Sprovvista di sostanza, essa non offre alcun contenuto che sia possibile rinnegare; è vuota, e il vuoto non lo si rinnega: la lucidità è l’equivalente negativo dell’estasi. Chi non coincide con niente, non coinciderà, a maggior ragione, con se stesso; di qui gli appelli senza fede, le convinzioni vacillanti, le febbri prive di fervore, lo sdoppiamento di cui sono vittime le nostre idee e perfino i nostri riflessi. L’equivoco, che regola tutti i nostri rapporti con questo mondo e con l’altro, all’inizio ce lo tenevamo stretto; più tardi lo abbiamo sparso tutt’intorno, affinché non vi si sottraesse nessuno, affinché nessun vivente sapesse come regolarsi. Mai più qualcosa di netto, da nessuna parte: per colpa nostra anche le cose tentennano, e sprofondano nella perplessità. Ciò di cui avremmo bisogno è il dono di immaginare la possibilità della preghiera, indispensabile a chiunque persegua la propria salvezza. L’inferno è la preghiera inconcepibile. L’instaurazione d’un equivoco universale è l’impresa più calamitosa che mai abbiamo compiuta, quella che ci determina rivali del demiurgo.
DUE PAROLE
Prenderò in riferimento solo la parte di testo intitolata come il libro “Il funesto Demiurgo”. Non perché le altre sezioni del libro, “Gli dèi nuovi”, “Paleontologia”, “Incontri col suicidio”, “il non liberato” e “pensieri strangolati” non siano interessanti, ma ne ho avuto modo di parlare altrove e affrancano lo stile ed il pensiero indistinguibile dello scrittore franco-romeno. Nella prima parte del testo dunque, a mio avviso di gran lunga la più raffinata ed interessante, Cioran manifesta il principio della cattiveria umana. Elogia, quasi, la nostra grettezza e ne fa un monolite inscalfibile. Forte di questo concetto, ne sviluppa di conseguenza gli aspetti religiosi giungendo a sostituire Dio con una figura assai simile ma molto più, mi si passi, crudele e indifferente: il demiurgo, per l’appunto. Un essere creatore fatale e spietato che rifiuta l’uomo nella sua totalità proprio per averlo creato. Un oscuro Re dell’assenza della nullità, un estremo volo nella terra desolata dell’asettico, desolante (e pertanto così ricco e profondo) pensiero di Cioran.