Ai mariti come alle mogli sembrava assurdo che un uomo di quel valore non pensasse una volta per tutte a mettere su famiglia. A parte l’indole magari un po’ “da artista”, ma nel complesso così seria e quieta, quale altro laureato ferrarese di qua dai cinquanta poteva vantare una posizione migliore della sua? Simpatico a tutti, ricco (eh sì: per guadagnare, ormai guadagnava quello che voleva!); socio effettivo dei due maggiori Circoli cittadini, e perciò accetto in pari grado tanto alla media e piccola borghesia delle professioni e delle botteghe quanto all’aristocrazia, con o senza blasone, dei patrimoni e delle terre; provvisto perfino della tessera del Fascio che, sebbene lui si fosse sommessamente dichiarato “apolitico per natura”, il Segretario Federale in persona aveva voluto dargli a tutti i costi: cos’è che gli mancava, adesso, se non una bella donna da portare ogni domenica mattina a San Carlo o in duomo, e la sera al cinematografo, impellicciata e ingioiellata come si conviene? E perché mai non si dava un po’ d’attorno per trovarne una? Forse, ecco, forse era assorbito dalla relazione con qualche donnetta inconfessabile, tipo sarta, governante, serva, eccetera.
DUE PAROLE
Con la sensazione iniziale di essermi trovato di fronte a una reinterpretazione de “il grande Gatsby” mi sono presto accorto di affrontare ben diversa lettura. Deviato dal racconto in prima persona di un giovane affascinato da un carismatico e stereotipato personaggio ai suoi antipodi, ho capito di trovarmi invece al cospetto di due uomini molto simili, accomunati dal fardello comune del pregiudizio. Sia il dottor Fadigati, che il Narratore (probabilmente il Bassani stesso), vivono e saranno costretti dalla loro condizione di “diversità”. Il primo per la sua prima latente e poi dichiaratissima omosessualità, il secondo per la condizione di ebreo. È fine e delicatissimo il modo in cui l’autore inserisce magistralmente il contesto – il regime fascista – come massima espressione della repressione. Una penna lontanissima da qualsiasi scrittore dilettante, una capacità di leggerezza propria solo a pochi. La posizione morale dell’autore è tanto semplice quanto efficacie: il pregiudizio è causa e non conseguenza degli sviluppi politici, sociali e culturali. Una dittatura, con le sue conseguenti amputazioni della libertà, nasce dal comportamento dei singoli individui che già conservano in grembo il distacco e la diffidenza verso il prossimo. Bassani questo concetto non lo impone, lo filtra. Qui è la potenza del libro. Una raffinata arte narrativa per cui gli eventi inquietanti, così ben conosciuti ai posteri, si stagliano all’orizzonte con chiarezza ma non invadono il presente. Perché è proprio così che degenerano le cose: dall’incomprensione del nostro tempo. Tutto ciò che alla fine si è trasformato in una valanga inarrestabile è sempre partito da una condizione di tanti piccoli sassolini che rotolano sul declivio della storia. Gli occhiali d’oro sono dunque il simbolo, l’artefatto, quasi il feticcio della diversità. Un riconoscimento distintivo che alimenta il pettegolezzo e distingue il condannato.