Leonardo Sciascia – Todo Modo


E del resto credo che il laicismo, quello per cui vi dite laici, non sia che il rovescio di un eccesso di rispetto per la Chiesa, per noi preti. Applicate alla Chiesa, a noi, una specie di aspirazione perfezionistica; ma standone comodamente fuori. Noi non possiamo rispondervi che invitandovi a venir dentro e a provare, con noi, ad essere imperfetti… Comunque, non voglio mettermi dal suo punto di vista, e cioè nel concetto degli esercizi spirituali come macerazione… Ebbene: questi cinque disgraziati hanno mogli, figli, elettori, avversari, amici e nemici che li ricattano, amici e nemici che controllano i loro passi e i loro telefoni… Si sono fatta la loro amante, come d’uso. E per tutto un anno vagheggiano questa settimana, qui, degli esercizio: e finiscono col farli davvero… Mandano prima le loro donne; raccomandandomele, si capisce, ché non le accetterei senza le loro raccomandazioni, come persone dai nervi a pezzi, che cercano serenità e riposo alle loro vicissitudini familiari, alle loro sventure, in un ambiente confortevolmente religioso. Io faccio finta di non capire, di non sapere: e le accetto. Perché so bene che quel loro vagheggiamento di una settimana di amore si risolverà in una settimana di inferno… Il cretino che lei ha sentito immagina delizie e deliri erotici. E invece sa che cosa stanno facendo, questi cinque adulteri, questi cinque peccatori? Stanno litigando. E stanno litigando senza motivo, o per qualche motivo futile, per una specie di auto punizione: appunto perché si sentono adulteri, si sentono peccatori… Se lei va ad ascoltare dietro alle loro porte (lo fanno tanti, in questo momento), li sentirà litigare: più che una qualsiasi coppia legittima, con più furore, con peggior crudeltà… Mi creda: il miglior modo di fare all’amore è quello immediato, fuggevole, che offrono le prostitute.

DUE PAROLE

In una struttura narrativa che ricalca (elogia?) I dieci piccoli indiani di Agatha Christie, Sciascia dipinge un giallo atipico, un giallo dove vi è sì il perpetrarsi di omicidi ma dove i colpevoli e i moventi rimangono ignoti. Il teatro della vicenda, dall’archetipo romanzo poliziesco o del crimine, è in realtà astutissimo espediente per mostrare, limpida e pura, l’essenza politica italiana. Sciascia pone al centro del suo palcoscenico la chiesa, svincolo per eccellenza degli intricati percorsi decisionali e morali del bel paese. Si staglia così, sopra tutte, la mistica figura di Don Gaetano, anfitrione del tanto misterioso quanto improvvisato sinodo che si celebra puntualmente all’hotel Zafer. Un libro pungente, vivo e sarcastico, che irrompe nella retorica usando tutti i suoi cliché per ribadire il risaputo. Sciascia è però autore troppo intelligente e raffinato per cascare nel banale. Non ricalca temi (sebbene a lui cari) come l’omertà, l’incompetenza statale, in complottismo politico e l’arroganza del potere. Ci passa vicino, evita di dire per mantenere vive tutte le possibilità. Pennella (il protagonista è un sedicente pittore di successo) la trama. Il lettore è pertanto vestito dei panni del cittadino e non è un caso che con questo testo, vergato nel ’74, si anticipi con visionaria chiarezza il clima politico degli anni a venire.