Osvaldo Soriano – Triste solitario y final

«È ubriaco», disse in tono neutro. «Si alzi!» «Perché non si fa una doccia? Ormai hanno riallacciato il gas». «Le spacco la faccia, stupido grassone!» Sputò sul pavimento. Il gatto guardò la saliva e abbassò le orecchie. «Non mi provochi. Ha una pistola ed è ubriaco». «Una pistola?» «Alla cintola». Marlowe abbassò lo sguardo. Tirò l’impugnatura ed estrasse la pistola. «Non è mia. L’ultima volta che l’ho vista, molti anni fa, la usava un detective che non beveva, che pagava le bollette e aveva clienti importanti e nemici che potevano tendergli imboscate in qualche vicolo. «Un grand’uomo». «Un uomo, amico. Mi prende in giro?» «Non la prendo in giro». «Vuole fare a pugni o no?» «No». Ci fu un silenzio. I due uomini si guardarono a lungo. Dagli occhi di Marlowe rimbalzarono due lacrime trasparenti come gocce d’acqua, corsero tra le rughe della faccia e caddero in terra. Il rumore fu enorme nella stanza vuota; la pistola era sfuggita dalle mani del detective. Il gatto corse a rifugiarsi in cucina. Marlowe alzò le mani e le mise molto vicino ai suoi occhi annebbiati. Erano raschiate e sanguinanti, sporche di terra. Le abbassò e i suoi occhi sostennero a malapena lo sguardo dell’argentino. «Sono caduto». «Si è messo a giocare a rimpiattino?» Si guardarono un’altra volta. Marlowe scosse la testa e le lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Indietreggiò verso il muro. «Voglio del caffè».

DUE PAROLE

Un collage. Soriano lavora di forbici, colla e (personaggi) cartonati per comporre un romanzo sconclusionato pieno di inseguimenti e rocambolesche scazzottate in stile detective story facendo passare se stesso e i protagonisti della narrazione nell’immaginario collettivo del lettore affezionato a romanzi hardboiled e ai parrucchini hollywoodiani. Nel tritacarne di soriano si incontrano e disintegrano stanlio olio e Charlie chaplin, così come john wayne e mia farrow. La scenografia, il protagonista e le luci sono rubare a piene mani da Raymond chandler. E qui non dico intendersi forma di tributo, ma di reale scippo. Si interagisce con il vero e proprio philipe marlowe. Un personaggio immaginario talmente riempito di contorno e personalità dal suo autore da aver potuto dar modo a soriano non soltanto di comporci un romanzo, ma di trasportarsi a sua volta nella sua dimensione (irreale) raccontandoci – se pur in terza persona – le sue gesta, vivendole a suo fianco, diventandone amico. In questo marasma di disavventure, il filo conduttore è la ricerca di un pretesto (il motivo per cui al buono e ormai morente lauren venga impedito di lavorare) che si delinea chiaramente, con il tempo, essere una triste e desolata accettazione di uno stato di senilità. Marlowe, con quel suo cinismo disperato, è guida perfetta per il contesto. Il genere letterario stesso ne è simbolico testimone. Un triste ma ironico viale del tramonto.