
Apparve la figura d’un uomo a mezzo busto. Da un fondo verde cupo, notturno, di lunga notte di paura e incomprensione, balzava avanti il viso luminoso. Un indumento scuro staccava il chiaro del forte collo dal busto e un copricapo a calotta, del colore del vestito, tagliava a mezzo la fronte. L’uomo era in quella giusta età in cui la ragione, uscita salva dal naufragio della giovinezza, s’è fatta lama d’acciaio, che diverrà sempre più lucida e tagliente nell’uso ininterrotto. L’ombra sul volto di una barba di due giorni faceva risaltare gli zigomi larghi, la perfetta, snella linea del naso terminante a punta, le labbra, lo sguardo. Le piccole, nere pupille scrutavano dagli angoli degli occhi e le labbra appena si stendevano in un sorriso. Tutta l’espressione di quel volto era fissata, per sempre, nell’increspatura sottile, mobile, fuggevole dell’ironia, velo sublime d’aspro pudore con cui gli esseri intelligenti coprono la pietà. Al di qua del lieve sorriso, quel volto sarebbe caduto nella distensione pesante della serietà e della cupezza, sull’orlo dell’astratta assenza per dolore, al di là, si sarebbe scomposto, deformato nella risata aperta, sarcastica, impietosa o nella meccanica liberatrice risata comune a tutti gli uomini. Il personaggio fissava tutti negli occhi, in qualsiasi parte essi si trovavano, con i suoi occhi piccoli e puntuti, sorrideva a ognuno di loro, ironicamente, e ognuno si sentì come a disagio.
DUE PAROLE
Siamo a metà XIX secolo, in Sicilia. I moti rivoluzionari che stanno per formare l’Italia sono palcoscenico della trama principale che, ingarbugliatamente, ruota intorno alla coscienza del Barone Mandralisca di Cefalù e alle avventure di un misterioso rivoluzionario. La prosa barocca confonde il contesto, distrae il lettore e si accanisce su varietà lessicali che spaziano dal parlato popolare all’eruditissimo italiano fino al provincialissimo dialetto. Il testo si presenta con la veste di romanzo storico (partendo da finti documenti dell’epoca) battendo su un contesto preciso e ricco di revisionismo verso il passato borbonico e rinascimentale. Se, dunque, apprezziamo da un lato l’incontro tra un ricco erudito studioso di lumache appassionato d’arte ed un misterioso (incognito, ignoto) marinaio, come simbolica rappresentazione di cardinalità che generano bellezza o conoscenza, dall’altro non ci sentiamo di poter avvicinare questo decantatissimo romanzo al capolavoro di Tomasi di Lampedusa che, con ben altra facilità e limpidezza, dipinge un contesto assai simile sfoggiando un’incisività e profondità decisamente superiori.