Kazbegi 27 Agosto

Una pagina, un libro, o una storia, sono i pianoforti più difficili da suonare. Quando ci si siede alla tastiera, con la melodia che suona chiara in testa, risulta comunque molto difficile stendere tutta quella serie di note senza avere l’impressione di commettere errori. Non parlo di refusi sintattici, né grammaticali. Parlo di una sensazione generale che soltanto chi ha provato ad esprimersi ha sentito. “Sentire”, verbo perfetto, non solo in questo caso. Scrivere comporta un’utopia che la musica non pretende di soddisfare, che è quella della comprensione. Continua a leggere

Tbilisi 26 Agosto

La fatica di dirti, Armenia. La fatica di scriverti e saperti ed esserti passato attraverso come un pensiero nella testa, come polvere sulla strada, come vento nelle gole. E dei tuoi secchi cavalli aver sfiorato le ossa e dei tuoi alti picchi aver misurato l’altezza e delle tue sinuose forme aver goduto le curve e i colori e le vertigini. E dei i tuoi occhi vitrei che galleggiano in un passato di rassegnazione aver sostenuto lo sguardo. Continua a leggere

Yerevan 25 Agosto

L’altro giorno abbiamo avuto un leggero scombussolmento intestinale. La nostra guida cartacea è chiarissima: “In caso di mal di pancia si consiglia di bere molto e assumere liquidi zuccherini al fine di riabilitare l’intestino alle sue funzioni”. Siamo così usciti per andarci a sbronzare. Era, tutto sommato, l’ultima serata utile in Armenia e ne abbiamo colto l’occasione. Fra poco si ripartirà nuovamente e non potremo in alcun modo permetterci futili distrazioni. Continua a leggere

Echmiadzin 24 Agosto

C’è una sola cosa che può spingere le carni e le pareti ad una dimensione insopportabile e questa cosa è il vuoto. La peculiarità dei monasteri armeni è proprio questa, l’assenza combinata all’austerità del liscio senso della pietra. Abituati come siamo alle fastose navate delle nostre chiese europee rimaniamo sempre stupiti dalla semplicità con cui i monaci e i praticanti armeni usavano costruire i loro luoghi di culto. Continua a leggere

Vayk 23 Agosto

La signora che gestisce il nostro ostello ha gli occhi tristi. Come tutte le donne, anche lei è fatta di acciaio e manda avanti da sola la baracca da dodici posti letto senza battere ciglio e quando la casa si riempie fino all’ultima branda, lei dorme sul divano in salotto, l’ho vista coi miei occhi l’altra notte quando mi sono alzato per fare pipì. Tutte le mattine proviamo a scappare evitando la colazione ma lei si acquatta, sbuca da un angolo e ci supplica quasi di mangiare al suo tavolo. Continua a leggere

Dilijan 22 Agosto

Scusate se insisto, ma mi fa troppo ridere aver tagliato i capelli proprio qui, lontano da casa. È importante il concetto. Fare qualcosa parte di una routine in un posto sconosciuto mi affascina. In fondo siamo dentro questi grandi meccanismi anche quando ce ne dimentichiamo. Come in un grande cosmo, la ruota dei nostri satelliti di noia e abitudini e gioie e felicità si ripete con costanza ellittica. Continua a leggere

Ashtarak 21 Agosto

Arrivati in cima alla montagna, non ci resta che scendere, e scendere davvero. Siamo insomma al giro di boa e, temporalmente parlando, siamo diretti verso il rientro, il viaggio ha sorpassato la sua metà. Abbiamo portato il filo che ci lega nel punto più lontano, da oggi è giunto dunque il tempo di cominciare a riavvolgerlo, con zelo, ridare corpo alla matassa, sempre attenti a tessere la nostra storia. Continua a leggere

Byurakan 20 Agosto

Sui sentieri del monte Aragat, tra la fortezza di Amberd e il lago di Kari, c’è un cavaliere. Non è come quelli che avete visto nei film americani, questo è sporco e povero e disarmato, ma non è nemmeno il Don Chiscotte. Corre sul suo cavallo bruno che sbuffa umido sudore dalle froge. Lo scudiscia con una lunga frusta rossa, lo sprona. Non ha la postura regale di un templare, o di un maestro d’armi, non ha staffe né sella, solo morbide briglie. Continua a leggere

Goght 19 Agosto

Lo diceva anche Céline: la cosa più difficile ed importante, quando si scrive, è iniziare. Una volta che si ha la prima frase accattivante, il primo cazzotto allo stomaco, si va lisci come l’olio. Lisci, oddio, lui sicuro ci andava -mentre il sottoscritto continua ad arrancare- ma con un po’ di arroganza potrei dire che anche per me valga la stessa regola. Quello che in musica chiamano attacco. Quando giro per i posti che io il Mattia Leonardi e il Matteo Angelino stiamo visitando, penso spesso a come iniziare la pagina del diario. Continua a leggere

Yerevan 18 Agosto

Ieri notte, verso l’una, il Matteo Angelino ci ha salutati avviandosi verso l’aeroporto. Ha fumato il suo chilo di sigarette, ha chiuso lo zaino e ci ha abbracciato lasciando la porta numero 13 del l’hotel “city” chiusa dietro di sé. Come già era accaduto per lo spirito del Fred durante il mio secondo viaggio in Scozia, ho intenzione di portare il Matteo Angelino con noi fino all’ultima tappa di questo diario, perché un compagno di viaggio non si abbandona mai. Mai. Continua a leggere